Sul Pompiere della Sera l’ex direttore Paolo Mieli ha cercato ieri di calmare le acque e tranquillizzare i lettori. Anche se gli Stati Uniti hanno deciso di rifornire Volodymyr Zelensky di altri micidiali mezzi militari, inviando decine di carri armati di ultima generazione, gli Usa e la Ue non sono entrati in guerra e «non si è saliti di un gradino sulla scala che porta alla guerra mondiale». Semplicemente, ha scritto il collega, «è stato consentito all’Ucraina di resistere ancora per l’anno in corso». Dopo di che Mieli, nel suo articolo, ha citato il «valore simbolico» dell’unità dimostrata da Europa e Stati Uniti, l’importanza della tenuta delle forze politiche italiane, lo straordinario fatto che il Parlamento abbia votato quasi compatto l’invio di nuove armi, eccetera. Tutte cose belle e positive, ma con una piccola dimenticanza: le conseguenze di quella che Repubblica ha definito «un’escalation». Naturalmente apprezzo lo sforzo dell’ex direttore di via Solferino di minimizzare i fatti, ma purtroppo basta volgere lo sguardo altrove, o anche solo consultare le raccolte dei giornali, compreso il suo, per rendersi conto che l’unica cosa non vera è la perentoria affermazione che non stiamo rischiando una guerra nucleare.
Infatti, proprio ieri, sulle medesime pagine usate da Mieli, si poteva leggere un’intervista all’ex ambasciatore americano in Ucraina in cui non si parlava di consentire a Kiev di resistere «ancora per l’anno in corso», ma di bruciare Putin sui tempi dell’offensiva. Ovvero di ripartire da dove le truppe ucraine si erano fermate lo scorso autunno, quindi dalle trincee del Donbass. «Ma è certamente possibile che decidano di attaccare anche la Crimea». Ovviamente, William Taylor Jr, da buon diplomatico, parla anche di trattativa e di negoziati, ma l’ipotesi di un attacco alla penisola contesa dai russi non lascia ben sperare. Prova ne sia che nell’intervista al Corriere aggiunge che i carri armati avranno la possibilità di sfondare le linee russe. Della stessa idea è Kurt Volker, ex ambasciatore americano alla Nato, che, intervistato da Repubblica, sostiene che grazie ai nuovi armamenti l’Ucraina potrà riprendersi i territori occupati, tagliando il corridoio di terra che mette in comunicazione la Russia con la Crimea. Il giornalista a questo punto gli chiede se Kiev possa vincere e la risposta del funzionario statunitense è senza esitazioni: sì, la Russia non può vincere. Il generale David Petraeus, ex capo della Cia e già al comando delle truppe americane in Iraq, addirittura è stato ancora più esplicito: «I carri armati Abrams e Leopard sgretoleranno i russi».
Insomma, altro che resistenza: qui la strategia è cambiata e da un sostegno alla difesa del territorio ucraino si è passati al contrattacco, decisi a riconquistare con le armi occidentali i territori perduti nel 2014. E che cosa potrebbe accadere dunque nel prossimo futuro? Secondo Petraeus «addirittura il collasso delle unità russe, viste le terribili perdite che hanno subito». A questo punto, la situazione è molto diversa rispetto a quella descritta da Mieli, perché si tratta di un rovesciamento del tavolo. Il che da un lato ci farebbe molto piacere, ma dall’altro ci spinge a chiederci: e poi, che cosa succederà? Un’offensiva che punti a riconquistare la Crimea, a sgretolare i russi, facendone collassare l’esercito, come dice Petraeus, quali conseguenze avrà su Mosca? C’è il rischio che Putin reagisca usando le atomiche? Risponde Volker: «È possibile, ma non probabile», perché questo significherebbe una guerra totale, con conseguenze devastanti per le stesse truppe russe. Eh, già. Ma avendo a che fare con una potenza nucleare, i cui capi se sconfitti avrebbero la certezza di finire davanti a un tribunale per crimini di guerra, siamo certi che non ricorrerebbero a ordigni atomici? Qualcuno all’inizio della guerra ha ipotizzato che, sbarazzandosi di Putin con un colpo di Stato o un omicidio mirato, sarebbe stato possibile fermare l’invasione. Ma come abbiamo visto, nonostante sia stata prevista la fine del presidente russo, anche per malattia, nulla di tutto ciò è capitato. E del resto non si intravede chi possa toglierlo di mezzo, dato che la sua caduta trascinerebbe con sé anche l’intero stato maggior del Paese, a cominciare dai generali per finire agli oligarchi. Dunque, ribadiamo la domanda: siamo certi che costoro non giochino l’arma nucleare al grido di «Muoia Sansone con tutti i filistei?».
La risposta in qualche modo la fornisce un video che circola su Internet e che mette a confronto quanto Joe Biden ha dichiarato due giorni fa, annunciando l’invio in Ucraina dei carri armati americani, e quanto disse un anno prima, agli inizi del conflitto. Se l’altroieri ha escluso un’entrata in guerra dell’America, nel marzo scorso disse che dotare Kiev di materiale bellico americano, come aerei e tanks, avrebbe significato la terza guerra mondiale. Di certo, una delle due affermazioni non è vera. Così come non è vera la sicurezza ostentata da qualche collega quando esclude con noncuranza un coinvolgimento dell’Italia in un conflitto ai confini dell’Europa.
Ps. Dopo aver ottenuto i carri armati, ieri Zelensky ha chiesto agli alleati i caccia. La sensazione di essere su un piano inclinato che ci porta verso la guerra globale è sempre più forte.