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Edilizia, televisione, pubblicità: le fondamenta dell’impero raccontate da chi visse e lavorò col Berlusconi «anni Ottanta».
I funerali fanno scattare il piano: destabilizzare Forza Italia e, con essa, la maggioranza che regge la Meloni. Il progetto è il solito: sostituire un premier scelto col voto con un tecnico che esegua ordini. Non funzionerà.
Dopo averlo avversato per oltre un quarto di secolo, ora che è morto non solo la sinistra forcaiola non si rassegna a rispettarne la memoria, e provvede a insultarlo e attaccarlo come se fosse ancora un avversario da temere, ma addirittura spera di poterlo usare in funzione anti Meloni. L’avvisaglia di ciò che ci aspetta, ovvero un soffiare sul fuoco per far divampare l’incendio dentro Forza Italia e dare alle fiamme l’intero governo lo ha fornito l’altro ieri Repubblica, il quotidiano da cui per quasi trent’anni sono partiti tutti gli assalti contro Berlusconi. Dopo averne salutato il decesso con articoli grondanti odio, il quotidiano della famiglia Agnelli ha voluto sottolineare che dalla crisi del partito fondato dal Cavaliere potrebbe derivarne una del governo. Fin dalla prima pagina, il giornale diretto da Maurizio Molinari agitava lo spettro di un esecutivo tecnico, «dopo il terremoto che travolgerà Forza Italia».
L’idea, da quel che si capisce, consisterebbe nel rieditare la vecchia formula dei presidenti del Consiglio scelti dal capo dello Stato, operazione che consente di spazzar via il governo voluto dagli italiani sostituendolo con uno voluto dal Quirinale. Più o meno quel che successe nel 2011, quando Silvio Berlusconi fu costretto a farsi da parte dopo la scissione provocata da Gianfranco Fini con lo zampino di Giorgio Napolitano. Al Cav mancarono i numeri. O meglio: per un soffio, grazie agli Scilipoti arruolati da Denis Verdini, riuscì a evitare il voto di sfiducia, ma subito dopo iniziò un’altra offensiva, con la Borsa e i titoli di Stato sotto pressione e la traballante maggioranza fu costretta alla resa. Berlusconi salì al Colle per gettare la spugna e il suo posto fu preso da Mario Monti, che nessuno aveva eletto, ma il cui mandato era benedetto da Bruxelles e sostenuto da quell’establishment di cui il Cavaliere non ha mai fatto parte. Fu l’inizio dei governi del presidente, ribattezzati anche di unità nazionale, un’ammucchiata necessaria per evitare le elezioni e utile a non rendere conto del proprio operato agli italiani.
Ecco, lo schema che si vorrebbe riproporre e che si intuisce leggendo alcuni articoli della stampa di sinistra è lo stesso del 2011. Cercare di armare una crisi di governo, utilizzando la morte di Berlusconi per destabilizzare Forza Italia. In pratica, si tratterebbe di soffiare sul fuoco dei conflitti interni, magari agevolando l’uscita di qualche onorevole scontento del nuovo corso, cercando di indirizzarlo verso lidi esterni al centrodestra. Sottomano c’è sempre Azione di Carlo Calenda, dove sono da tempo approdate Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, ma a cercare di sedurre i parlamentari in uscita potrebbe essere anche Matteo Renzi, il cui sogno resta quello di prendere il posto di Berlusconi e di spostarsi al centro per essere l’ago della bilancia fra i due poli. Riuscire a far franare un pezzo di centrodestra renderebbe instabile la maggioranza e sarebbe un gioco da ragazzi, per i cosiddetti poteri forti, organizzare una tempesta finanziaria che sconvolga i conti e i piani dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
I guastatori ovviamente sono già al lavoro, e di titoli dedicati alle guerre intestine dentro Forza Italia traboccano in questi giorni le pagine del solito circo barnum della sinistra giornalistica. Qualcuno si spinge a ipotizzare anche grandi manovre su Mediaset, con possibili conflitti fra gli eredi. E, in sovrappiù, è tirata in ballo anche Marta Fascina, la quale potrebbe contribuire a far aumentare la confusione dentro il partito fondato da Berlusconi e a portare un po’ di scompiglio anche in famiglia. Se non fosse chiaro il disegno, sarebbe sufficiente rileggere di nuovo Repubblica che ieri, dopo che la famiglia del Cavaliere si era presentata compatta alle esequie, non si è lasciata sfuggire l’occasione di pubblicare due pagine sotto il seguente titolo: «I figli già divisi. Marina e Fascina le capofamiglia». La morte del Cav è usata come ariete contro la sua creatura e anche contro il suo impero. Obiettivo, destabilizzare l’intero centrodestra, alimentando sospetti e conflitti. Far vacillare il partito più debole della coalizione, paventando anche il rischio che il gruppo di controllo di Mediaset non sia così saldo e possa essere minacciato da una scalata, equivale a mettere nel mirino il partito-azienda, con le possibili ricadute sul governo di Giorgia Meloni.
Insomma, la strategia rimane quella che ha segnato gli anni di Berlusconi: un attacco su più fronti, cercando di ottenere la caduta di un esecutivo legittimamente «eletto» dagli italiani e la sua sostituzione con una figura istituzionale cara alla sinistra, ai poteri forti e a Bruxelles. Tutto già visto e sperimentato. Ma questa volta, a differenza che con Monti, nessuno di noi ha voglia di fare i compiti a casa.
I funerali fanno scattare il piano: destabilizzare Forza Italia e, con essa, la maggioranza che regge la Meloni. Il progetto è il solito: sostituire un premier scelto col voto con un tecnico che esegua ordini. Non funzionerà.