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La guerra ai contanti non serve a combattere l’evasione, ma a creare un meccanismo sul modello green pass per la filiera dei pagamenti. Così banche e Stati potranno controllare le spese e assegnare dei rating.
Quando ieri mattina come milioni di altri italiani in fila davanti alla cassa di un supermercato ho sentito gli altoparlanti avvertire che non funzionavano i pos e quindi si sarebbe dovuto pagare in contanti, mi è scappato un sorriso. Non solo perché la coda piuttosto lunga (siamo alla vigilia di Pasqua) è improvvisamente diminuita con carrelli stracolmi abbandonati all’improvviso, ma anche perché mi è venuto in mente qualche titolone di giornale sull’ultima stretta del governo a cittadini e commercianti: le super-multe che scatteranno da fine giugno per tutti gli esercizi che rifiuteranno anche piccoli pagamenti con carte di credito o bancomat.
Non c’era evento più beffardo di quello capitato ieri mattina in quasi tutta Italia per la misura draconiana dell’ennesimo governo convinto che fermare la circolazione dei contanti sia la misura fondamentale per combattere l’evasione fiscale. Chi avrebbe potuto multare ieri Mario Draghi, visto che per buona parte della mattinata è risultato impossibile ogni pagamento elettronico? Gli incolpevoli commercianti? I cittadini? Forse se stesso, per avere ideato la tagliola sbagliata nel momento meno adatto che ci sia. Perché nello smarrimento di chi non riusciva a fare la benedetta spesa per il week-end pasquale a molti è venuto il sospetto che il sistema fosse andato in tilt per un cyber-attacco e che la guerra in corso in Europa fosse divenuta più vicina a tutti grazie alla discesa in campo di plotoni hacker. Pare che ieri il caso non fosse questo e che si sia trattato di un colossale ma certo non banale disservizio informatico. Ma certo i tempi indicano come il rischio cyber sia tutto fuorché improbabile.
Eppure da anni è scatenata una guerra al contante come simbolo principe di criminalità economica. Un’offensiva che rende la vita difficile a una parte consistente di questo Paese che non ha grande familiarità con la moneta elettronica e magari con qualche anno in più ha qualche difficoltà a tenere a memoria i codici pin del proprio bancomat o della propria carta di credito. Da anni la guerra al contante ne ha abbassato i limiti di utilizzo, eppure non sembrano cogliersi grandi vantaggi in termini di recupero di evasione fiscale. Mentre sempre di più le cronache raccontano truffe ed evasioni di imposte per via informatica e finanziaria: le ultime quelle proprio lamentate da Draghi sul Superbonus edilizio.
Ogni anno l’Agenzia delle Entrate sostiene di avere recuperato dal sommerso fiscale somme consistenti: si era arrivati vicino ai 20 miliardi di euro poi nel 2020 e nel 2021 si è scesi a 12-13 miliardi di euro per via della contrazione del Pil in pandemia. Siccome il ministero dell’Economia ogni anno allega al Def un rapporto sulla stima della evasione fiscale che la quantifica intorno ai 100 miliardi di euro, uno avrebbe immaginato che con quei recuperi dichiarati nel giro di un lustro o poco più di evasione non avremmo più dovuto discutere.
Invece siamo sempre intorno a quei 100 miliardi di euro stimati, miliardo più, miliardo meno. Quindi le mostrine che ogni anno si appunta sul petto l’Agenzia delle Entrate sono un po’ fasulle: più che altro patteggiamenti sulla elusione fiscale di qualche multinazionale che preferisce transare che passare anni davanti ai tribunali fiscali a discutere perdendo tempo e alla fine forse anche più soldi. Questo vuole dire però che i provvedimenti draconiani contro l’evasione fiscale - in primis quelli che limitano il contante - alla fine non servono a un fico secco. Qualche grande evasore si pizzica grazie alla bravura della nostra Guardia di Finanza. Ma il corpaccione del nero non si riesce mai ad intaccare davvero.
Ed è facile capirne il motivo: intere aree dell’Italia sono amministrate dalla criminalità organizzata (italiana ma anche cinese, albanese, rumena, asiatica etc..) che si sostituisce in tutto e per tutto allo Stato. Il nero è il suo habitat naturale, e il bancomat obbligatorio non è l’arma letale in grado di eliminarlo. Come assai poco può fare il limite al contante all’altro sommerso che circola in tutto il Paese: il reddito da lavoretti di complemento per integrare o stipendi assai bassi (penso a quello degli insegnanti) o sussidi pubblici che disincentivano il lavoro regolare e richiedono una integrazione, come reddito di cittadinanza o Naspi concessi con grande leggerezza e senza particolare sistema di controllo. Forse è più utile pensare a questo che prendersela con commercianti e anziani per l’uso del contante.