Nel 1979, Alfredo Belli Paci, coniuge oggi scomparso dell'ex deportata, si mise in lista con la fiamma tricolore. Era un conservatore allarmato dall'avanzata delle sinistre. Poi, per non ferire la moglie, lasciò la politica.
È diventata una «messa laica» contro il razzismo: così si oscura il riferimento agli ebrei. E intanto si dimentica il genocidio armeno.
L'astio verso il popolo d'Israele non è affatto «di destra». I progressisti alimentano l'ennesimo scontro sul leader missino per lavarsi una coscienza tutt'altro che pulita.
Matteo Salvini è trattato da delinquente in base a uno schema consolidato: dopo le stangate elettorali, i progressisti mirano a demonizzare i rivali politici. Toccò a Silvio Berlusconi e, prima ancora, a Cossiga, Almirante e Leone.
Diffidavo delle sue idee, ma mi trovai di fronte un gentiluomo d'altri tempi. Giorgio Almirante era un politico di qualità superiore che educò alla democrazia i simpatizzanti più inclini alla rivolta.
La sindaca Virginia Raggi confessa di non sapere cosa fa il suo partito. Sospetti di pressioni esterne. La figlia del leader missino: «Paradossale».
La diatriba diventa una polemica da curva sud. Peccato, perché il ricordo dello storico capo della Destra poteva diventare oggetto di un dibattito più serio. La memoria stenta a diventare comune. Ma via Palmiro Togliatti c'è.
Da Dario Fo a Gian Maria Volonté, da Cesare Pavese a Marco Biagi, decine di idoli progressisti furono giovani mussoliniani. Ma campeggiano nelle nostre città.