I motivi per i quali a Leonardo potrebbe essere utile un'azienda che senza commesse governative (circa 900 milioni di ordini per i droni e per la sostituzione e l'aggiornamento dei velivoli P180 militari), non sta in piedi è presto detto.
Primo: la divisione che si occupa della manutenzione dei motori di jet militari è strategica per il Paese e se gestita in modo sano risulta remunerativa e generatrice di buona marginalità. Secondo: Leonardo oggi ha buone capacità progettuali nel settore dei sistemi elettronici e dei servizi, invece nel tempo ha perso parte di quella per nuovi velivoli, i prodotti attuali derivano da progetti precedenti come l'addestratore M345 dallo M311 e a sua volta dall'S211, ed è soltanto uno dei casi. Così Piaggio potrebbe divenire la divisione di ideazione dei nuovi aeromobili, l'equivalente del reparto "Skunk Works" della Lockheed-Martin. Si tratta, in pratica, di un piccolo dipartimento che opera al di fuori delle normali procedure aziendali per studiare e sperimentare tecnologia rapidamente. Cosa che manca a Leonardo, realtà complessa e sempre un po' ingessata. Terzo: Piaggio aerospace realizza il suo unico prodotto civile, il P180 Evo, con una tecnologia vecchia di quasi mezzo secolo, ovvero di quando l'aeroplano fu progettato. Con la contaminazione derivante dalle esperienze che Leonardo ha fatto con gli addestratori avanzati come lo M346 Master, il travaso tecnologico porterebbe le due realtà italiane a poter fare quello che fa, per esempio, la Francese Dassault, che costruisce i jet civili Falcon con tecnologie derivanti dai Rafale militari. Quarto: Leonardo partecipa anche ai nuovi progetti ATR per il nuovo velivolo cargo, interessante per produzione, e fornisce a Piaggio tramite la divisione Unmanned, i sistemi di comando e controllo per i droni P1HH, senza i quali Piaggio non potrebbe consegnarli. Peraltro il drone fatto ad Albenga si inserirebbe perfettamente nella gamma dei mezzi senza pilota di Leonardo e gli specialisti che lo hanno sperimentato sono figure rare e preziose. Certamente fare di Piaggio Aerospace uno spezzatino è più semplice, ma anche l'anticamera della fine per i reparti di lattoneria aeronautica che possiede, poiché il bi-turboelica P180 Evo, se dal un lato è un velivolo oggi costoso da produrre per la sua classe e difficilmente vendibile (i dati delle consegne degli ultimi 6 anni parlano chiaro, soltanto una decina di esemplari e poco più di 300 in quarant'anni di attività), resta comunque un'icona dell'aviazione e molto più difficile e complesso da realizzare rispetto a molti velivoli suoi concorrenti che hanno invece trovato maggior successo commerciale (oltre mille esemplari per i brasiliani Phenom 100 e 300 in 15 anni), e ciò significa che le maestranze italiane valgono.
Nel futuro di Piaggio aerospace c'è anche la necessità di sistemare l'aeroporto di Villanova d'Albenga, sua sede, dove la pista è troppo corta per la maggioranza delle esigenze sperimentali, mentre quelle di Leonardo in Lombardia, Piemonte e Puglia sono idonee. Dunque Leonardo ha un'occasione unica che altre nazioni hanno saputo sfruttare; in tutto il mondo nell'industria aerospaziale è pratica diffusa creare nuovi programmi per soddisfare esigenze, ma anche per avviare nuovi progetti.