Stefania Craxi (Imagoeconomica)
La figlia di Bettino: «Quando il pool di Milano bazzicava il consolato americano, tutti zitti. Dalla sinistra due pesi e due misure. Oggi come ieri, i giudici esondano: serve una legge».
L’Anm alza ancora i toni contro la proposta del governo di spostare la competenza sui richiedenti asilo dalle sezioni speciali alle Corti d’appello: sono terrorizzati di perdere un pulpito da cui fare politica.
Destra e sinistra hanno applaudito la replica di Sergio Mattarella a Elon Musk e i giornaloni hanno spiegato che per il Colle era impossibile rimanere indifferente a seguito dello sconfinamento del patron della Tesla. Il presidente della Repubblica, ha scritto il Corriere della Sera, non poteva ignorare una così tagliente ingerenza negli affari interni, dato che il miliardario americano non è più un privato cittadino, ma risulta cooptato nella nascitura amministrazione Trump. Spiace deludere il quirinalista impegnato a trovare le ragioni dell’intervento del capo dello Stato, ma al momento il proprietario di X e di Starlink, oltre che della nota casa automobilistica, è proprio un privato cittadino, anche se in procinto di assumere un ruolo nel governo degli Stati Uniti, dato che il nuovo presidente non si è ancora insediato.
Tuttavia, al di là dei motivi che hanno spinto Mattarella a uscire dal riserbo per difendere l’operato dei magistrati che hanno bocciato il trattenimento dei migranti in Albania, resta da capire perché mercoledì fosse indispensabile rimettere in riga Elon Musk, dicendo che l’Italia sa badare a sé stessa e non ha bisogno di lezioni, e tutte le altre volte che qualcuno ha aperto bocca contro il nostro Paese no. Per esempio, mi chiedo come mai il Colle e il suo inquilino non abbiano sentito il bisogno di ribattere ai giudici francesi quando questi hanno respinto, in tutti i gradi di giudizio, la richiesta di estradizione di dieci terroristi italiani riparati a Parigi. I magistrati transalpini, per di più quelli della Cour de cassation equivalente alla nostra Corte di ultima istanza, di certo non sono privati cittadini e dunque ogni loro pronunciamento non è un post su un social network, ma un atto che lascia il segno. Ebbene, di fronte alla richiesta di restituirci dieci latitanti sfuggiti alla giustizia grazie alla cosiddetta dottrina Mitterrand, i supremi giudici di Parigi hanno sentenziato che restituirli all’Italia avrebbe esposto i condannati a una pena ingiusta, in quanto inflitta nella contumacia dell’interessato e non rivedibile nel merito. In pratica, secondo le toghe francesi, i dieci terroristi sarebbero stati condannati in loro assenza, senza che vi fosse prova che fossero a conoscenza del processo a loro carico. E per di più difesi da un avvocato d’ufficio e non di fiducia. Insomma, un giudizio senza alcuna garanzia e di conseguenza una condanna ingiusta.
Ora, è di tutta evidenza che l’Italia non è l'Iran o la Russia e che ai militanti del partito armato ha garantito ogni diritto, tra i quali perfino quello di rimanere in libertà in attesa della sentenza, come nel caso di Giorgio Pietrostefani nel processo sull’omicidio del commissario Calabresi. Di più, i dieci latitanti, oltre a rivendicare la loro appartenenza ai gruppuscoli di estrema sinistra non hanno mai dato prova di essersi pentiti, ammettendo in alcuni casi i reati contestati.
Eppure, sia la Corte d’appello che la Chambre de l’instruction della Corte d’appello di Parigi che la Cour de cassation hanno trattato le richieste di estrazione provenienti dall’Italia come se fossero giunte dalla Corea del Nord e i terroristi fossero dei perseguitati politici, respingendole in blocco. E l’Italia? Il Quirinale?
Fatto salva qualche reazione politica e un certo sconcerto perfino fra le toghe italiane più politicizzate (ne parlò Questione di giustizia, la rivista di Magistratura democratica), dal Colle non arrivò neppure una flebile reazione. Decisioni che ci paragonavano ai peggiori Paesi autoritari, dove agli imputati non è concessa alcuna tutela e neppure un avvocato di fiducia, sono passate sotto silenzio, come se non riguardassero il presidente del Consiglio superiore della magistratura. A differenza del post di Musk, quella dei giudici francesi era un’accusa precisa e per di più messa nero su bianco in atti ufficiali. Ma evidentemente al Quirinale nessuno ha sentito «lesionata la sovranità dell’Italia», come nel caso del privato cittadino Elon Musk. E dunque Mattarella non ha vergato di suo pugno, come tiene a farci sapere il Corrierone, una nota con cui ribattere al patron della Tesla che «l’Italia è una grande democrazia» e «sa badare a sé stessa». Che fosse una democrazia per noi era chiaro anche nel 2023, quando i giudici francesi ci negarono l’estradizione di dieci terroristi, ma forse un anno e mezzo fa sul Colle non tutti la pensavano così.