La pandemia torna, improvvisa e micidiale. Questa volta è giudiziaria e coinvolge tutti i protagonisti di quei mesi terribili d’inizio 2020. Politici e scienziati, assessori e coordinatori: tutti implicati nella tragedia nella Bergamasca. La Procura di Bergamo ha concluso l’inchiesta dopo quasi tre anni di lavoro e ha indagato per epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore rieletto della Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore regionale al Welfare lombardo Giulio Gallera.
In tutto sono 19 i destinatari degli avvisi di garanzia e fra loro spiccano anche figure che all’epoca sembravano totem mediatici inscalfibili come Franco Locatelli (numero uno del Consiglio superiore di sanità), Silvio Brusaferro (presidente dell’Istituto superiore di sanità), Angelo Borrelli (capo della Protezione civile) e Agostino Miozzo, coordinatore dell’immaginifico Comitato tecnico scientifico in quella prima fase del delirio Covid. La Guardia di finanza sta notificando in queste ore i documenti ufficiali per le difese e trasmettendo gli atti al tribunale dei ministri per Conte e Speranza.
Lo stralcio porterà parte dei fascicoli a Roma, mentre già sin d’ora trapela dagli uffici giudiziari che alcune posizioni, chiamate in causa per «atto dovuto», saranno archiviate. L’ex premier Conte si dichiara «pronto a collaborare e tranquillo di fronte ai cittadini».
Tre anni dopo, i magistrati titolari dell’inchiesta mostrano un ecumenismo assoluto e chiamano a rispondere delle accuse sia membri del governo Conte 2 (o delle quattro sinistre), sia i vertici regionali della Lombardia (la Regione più colpita), sia i guru sanitari che chiusero in casa per tre mesi gli italiani ma non blindarono la Val Seriana con la famigerata zona rossa quando il Covid stava già mietendo vittime. Secondo i pm Maria Cristina Rota, Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la supervisione del procuratore Antonio Chiappani, «la diffusione del virus fu sottovalutata nonostante i dati a disposizione da settimane indicassero che la situazione stava precipitando, in particolare in Val Seriana».
È singolare notare che il supporto tecnico all’intera inchiesta arriva dal virologo Andrea Crisanti, al quale la procura di Bergamo aveva affidato l’incarico prima della sua discesa in campo nel Pd. Ora il suo ruolo politico diventa alquanto imbarazzante.
I dossier aperti sono quattro. Il primo riguarda proprio la mancata chiusura dei due focolai di Nembro e Alzano Lombardo, come al contrario fu fatto nel Lodigiano; per due giorni le forze dell’ordine (polizia e carabinieri) si acquartierarono negli alberghi della zona in attesa di un ordine che poteva arrivare solo dal ministero dell’Interno ma non arrivò mai. Il secondo riguarda i morti nelle Rsa della Val Seriana. Il terzo filone è la chiusura e la riapertura dell’ospedale di Alzano mentre il caos sanitario si stava addensando (per questo il coinvolgimento della Regione). Il quarto è tutto sulla scrivania dell’ex ministro Speranza e dei suoi collaboratori poiché riguarda pasticci, silenzi e omissioni sul famoso «Piano pandemico» mai aggiornato nonostante le sollecitazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità, anzi fermo colpevolmente al 2006.
Con un’aggravante: l’applicazione di quello esistente (anche se datato), stando agli elementi raccolti avrebbe potuto contenere la mortale trasmissione del Covid. Ieri sera Speranza ha dichiarato: «Ho agito con disciplina e onore nell’interesse del Paese».
In quelle settimane di fine febbraio e inizio marzo, 3.000 bare diventarono l’incubo di famigliari, medici e sanitari in trincea. Con la terribile iconografia della fila di camion che usciva dalla città martire, immagine destinata a fare il giro del mondo e diventare simbolo del dramma collettivo. Da marzo ad aprile, nella Provincia più colpita, la mortalità fu di 6.200 persone in eccesso rispetto alla media degli anni precedenti. La decisione era nell’aria. La messe di avvisi di garanzia si era intuita all’apertura dell’anno giudiziario, quando Chiappani fece capire la portata delle indagini che «avevano accertato gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie, nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia». Il Covid, in Lombardia, ha mietuto 39.000 vittime. In questi tre anni sono uscite numerose versioni, accuse, scoop di cartone su quei giorni terribili. Ora è cominciato il cammino che dovrebbe portare alla verità.