Annullate le sospensioni dei portuali a Trieste, non luogo a procedere per il militare senza green pass, nessun licenziamento per il no alla mascherina, scagionato l’uomo sul treno privo di tampone, bambino risarcito per il divieto di uscita, ricorsi accolti sulle multe agli over 50 non vaccinati. Ecco tutte le sentenze.
Annullate le sospensioni dei portuali a Trieste
Il 26 ottobre, i portuali di Trieste hanno ricevuto giustizia. Ricordate la protesta del 15 ottobre 2021, quando migliaia di cittadini raggiunsero il capoluogo friulano per manifestare contro l’obbligo di Green pass? Le Forze dell’ordine usarono la mano pensante sugli operai che presidiavano lo scalo navale. Utilizzarono persino gli idranti. Al leader dei portuali, Stefano Puzzer, sarebbe stato comminato anche un Daspo: aveva osato allestire un banchetto abusivo in piazza del Popolo, a Roma, con le foto del Papa e di Mario Draghi, per esprimere il proprio dissenso verso il passaporto vaccinale. L’assenza dal lavoro dei suoi colleghi fu ritenuta ingiustificata da parte dell’azienda. Ma il giudice del lavoro di Trieste, Paolo Ancora, ha annullato le sospensioni disposte dalla ditta, costate altrettante trattenute dallo stipendio. Il legale degli undici portuali coinvolti, Nicola Sponzi, alla Verità ha parlato di «vittoria agrodolce». In primis, perché i provvedimenti disciplinari erano parsi da subito eccessivi; in più, perché «non c’è casistica», almeno non prima degli anni Settanta, di misure imposte per punire severamente uno sciopero. «Ci hanno accusato di aver organizzato manifestazioni non autorizzate», ha lamentato l’avvocato, «ma non erano manifestazioni, era uno sciopero! Che poi migliaia di cittadini siano giunti da tutta Italia per darci sostegno, non è certo imputabile» ai dipendenti poi sospesi. Così come non era colpa dei no pass se, nonostante l’elevatissima percentuale di vaccinati, i contagi da Covid continuassero a galoppare. Il sindaco forzista di Trieste se la prese proprio con i sit in dei portuali, ignorando l’effetto che potevano aver avuto le adunate in occasione della Barcolana, abituale e frequentatissima rassegna velistica triestina.
Militare senza pass: non luogo a procedere
Andrea Cruciani è il gup del tribunale militare di Napoli che ha sfidato le leggi del governo Draghi sull’obbligo vaccinale. Lo scorso 13 marzo ha stabilito il non luogo a procedere per un soldato che era entrato in caserma pur non essendo vaccinato e, dunque, non avendo il Green pass. Secondo il magistrato, la presenza fisica di quell’uomo in divisa non costituiva un pericolo, visto che anche i vaccinati potevano contagiare e contagiarsi. A ben vedere, «l’idoneità dei vaccini» a schermare dal virus si era «di fatto rivelata prossima allo zero». In più, militare aveva agito «in stato di necessità», cioè per proteggersi dai potenziali effetti collaterali dei farmaci anti Covid. Cruciani ha sferzato le sentenze della Consulta che hanno salvato l’iniezione coatta imposta da Mr Bce, sottolineando anche che considerare tollerabile la sospensione dello stipendio dava adito a un’interpretazione «esasperatamente formalistica e cinica», tale da svilire «la centralità che la stessa Costituzione attribuisce al lavoro». Poche settimane prima, il 20 febbraio, la Corte aveva dato ragione proprio al magistrato di Napoli, giudicando incostituzionale l’obbligo di vaccinazione per i soldati da impiegare in particolari condizioni operative, fissato all’articolo 206 bis del Codice dell’ordinamento militare. La sentenza riguardava qualunque tipo di medicinale, ma Cruciani aveva citato esplicitamente i preparati anti Covid. L’aspetto interessante era che, stando alla Consulta, per varare un obbligo si dovrebbe determinare quale infezione il vaccino previene. Peccato che i rimedi a mRna non fossero idonei a schermare gli inoculati dal virus. E che la Corte, su questo punto, abbia poi fatto spallucce.
Divieto di uscire: bambino risarcito con 1.000 euro
La Regione Sicilia gli aveva vietato persino di giocare all’aperto. La sua famiglia ha fatto ricorso e l’ha vinto. E ha riconosciuto un indennizzo simbolico a un ragazzino, undicenne all’epoca dell’ordinanza emessa dall’allora presidente, Nello Musumeci: 200 euro ogni 24 ore di illegittima prigionia. Totale: 1.000 euro. La sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa siculo è arrivata a marzo, ma le motivazioni sono state pubblicate alla fine di ottobre. I magistrati hanno bocciato l’ordinanza dell’11 aprile 2020, con la quale l’attuale ministro della Protezione civile ed ex governatore vietava anche ai minorenni di uscire di casa, senza alcuna deroga, neppure per svolgere attività fisica. A differenza di quanto previsto dalla normativa nazionale, che ammetteva almeno una sgambata consolatoria «nei pressi della propria abitazione». Fu il successivo balletto di circolari del Viminale a stabilire che i «pressi» equivalevano a 500 metri dal proprio appartamento. Le toghe della Sicilia hanno ribadito che le scelte in materia di difesa dal Sars-Cov-2 erano di competenza esclusiva statale, come specifica la Costituzione quando si occupa di «profilassi internazionale». In più, il collegio ha bacchettato il comportamento delle Regioni, le quali «perseguivano il consenso semplicemente cercando di primeggiare quanto a imposizioni di divieti alla popolazione». Anche quando i diktat minacciavano di pregiudicare «crescita» e «formazione psicologica» dei più piccoli. Di mezzo ci è capitato Musumeci, ma come non ricordare i «lanciafiamme» e gli strali contro i «cinghialoni» dello Sceriffo campano, Vincenzo De Luca, campione di divieti e fautore della chiusura delle scuole?
Nessun licenziamento per il no alla mascherina
Lo scorso ottobre ha ottenuto giustizia Lorenzo Minzoni, 61 anni, cassiere all’Extracoop di Ravenna prima di finire licenziato per non aver obbedito alla disposizione aziendale di indossare le Ffp2. Quell’imposizione «era illegittima», scrive il giudice del lavoro Dario Bernardi, in quanto il quel periodo non c’era più l’obbligo di mascherina, era stato tolto col decreto legge 83 del 15 giugno 2022. Il protocollo tra governo e parti sociali stabiliva la possibilità di imporre la Ffp2 in condizioni di rischio, ma non era quella la situazione all’interno di un supermercato dove i clienti entravano senza dispositivi di protezione facciale. La dirigenza Coop aveva cercato in tutti i modi di obbligarlo ad andare al lavoro mascherato, chiamando perfino i carabinieri per farlo allontanare quando si presentava a volto scoperto. I militari non poterono far nulla, proprio perché non stava violando alcuna regola. E c’era anche una barriera di plexiglass tra i cassieri e i clienti, osserva il giudice nella sentenza, quindi non c’erano scuse di protezione necessaria. La Coop è stata condannata a pagare tutti gli stipendi arretrati, i contributi e a reintegralo nel posto di lavoro. Ha dovuto accollarsi anche le spese legali, sostenute dal povero cassiere per arrivare dimostrare che aveva ragione.
Ricorsi accolti sulle multe agli over 50 non vaccinati
Due sentenze della scorsa estate hanno definito illegittima la multa di 100 euro inflitta agli ultracinquantenni che al 15 giugno 2022 non avevano rispettato l’obbligo vaccinale anti Covid primario o di richiamo. Il giudice di pace di Padova, Davide Piccinni, e quello di Fano, Pericle Tajariol, hanno accolto il ricorso di due over 50 che si erano visti recapitare l’ingiunzione di pagamento. Avviso illegittimo, dal momento che il 31 dicembre 2022 era entrata in vigore la legge che sospendeva i pagamenti delle sanzioni (per un obbligo vaccinale ormai decaduto), quindi anche l’attività di riscossione doveva risultare congelata. Entrambe le sentenze pongono l’accento sulla discriminazione anticostituzionale dell’obbligatorietà, sulla mancanza di condizioni che giustificassero un trattamento sanitario obbligatorio e sul fatto che i vaccini non possono essere considerati strumenti di prevenzione in quanto non impediscono di contagiare e di contagiarsi. La sanzione era dunque illegittima e l’Agenzia delle entrate riscossione è stata condannata al pagamento delle spese processuali. Tajariol dichiarava anche di «discostarsi dalle recenti pronunce sugli obblighi vaccinali della Corte costituzionale in quanto esse non hanno effetto vincolante a livello interpretativo per i giudici di merito».
Scagionato l’uomo sul treno privo di tampone negativo
È da tempo che i giudici mettono in dubbio la costituzionalità dei divieti introdotti durante la pandemia. Il 4 gennaio di quest’anno, il tribunale di Milano ha assolto un trentottenne che, un anno prima, fu fatto scendere da un treno partito dal capoluogo lombardo e diretto a Bari, perché non aveva con sé un tampone che ne dimostrasse la negatività al Covid, in seguito all’esecuzione di un test positivo che risaliva a tre giorni prima. La Procura chiedeva la condanna per la violazione dell’obbligo di quarantena, ma la giudice, Sofia Fioretta, ha stabilito che «il fatto non sussiste». L’indiziato, infatti, era asintomatico e non era in grado di mettere a repentaglio la salute pubblica. Inoltre, l’azienda sanitaria di competenza non lo aveva mai messo in isolamento. La sanzione, però, presupponeva un ordine ad personam; quello generalizzato costituiva una violazione della libertà personale: «Un regolamento generale e indifferenziato che impone la quarantena ai positivi Covid», si leggeva nella sentenza, «appare illegittimo e dunque incostituzionale». Ad aver sbagliato, insomma, non era quell’uomo; semmai, il governo, che con un dpcm aveva calpestato i diritti individuali, sanciti dalla Carta fondamentale. Con l’inevitabile ritardo, attribuibile all’espletamento delle normali procedure giudiziarie, abbiamo così appreso che le restrizioni di Giuseppe Conte e Roberto Speranza rappresentavano un abuso. Il «modello italiano» era un modello da non imitare.
Era positivo al funerale della fidanzata: assolto
Il 6 aprile scorso, il giudice monocratico Nidia Genovese del tribunale di Lucca assolve Emanuele, 30 anni, di Torre del Lago, che nell’agosto del 2021 era stato denunciato per non aver rispettato la quarantena. Voleva partecipare al funerale di Katia, la fidanzata con cui viveva, morta di Covid. Era disperato, si era presentato con la mascherina ma non intendeva rinunciare a darle l’ultimo saluto. Anche il giovane era positivo, avrebbe dovuto non uscire di casa. Le esequie della donna furono trasmesse da Rai3 perché allora il decesso di un non vaccinato faceva notizia, non si perdeva occasione per amplificare un evento luttuoso. I carabinieri, dopo aver visto le immagini della cerimonia, chiesero conferma alla Asl e la ottennero: Emanuele doveva sottostare alla quarantena. L’uomo fu denunciato, non aveva rispettato il diktat dell’allora ministro Roberto Speranza. Non per andare in discoteca, si era limitato a una presenza in chiesa e al camposanto che nemmeno a un detenuto si nega. Ma i lockdown sortirono anche l’effetto di alimentare sospetti e delazioni, si toccò il fondo nel denunciare il vicino di casa che non obbediva ai dpcm. Le forze dell’ordine purtroppo eseguirono ordini scellerati. Due anni dopo, un giudice ha accolto la tesi difensiva dell’avvocato del giovane, Fernando Pierantoni, che sottolineava la piccolezza della trasgressione in un contesto così drammatico. Emanuele aveva violato le regole solo per dare l’ultimo saluto alla sua fidanzata. Per questo è stato assolto.
Prof, veterinari, dottori. Le rivincite dei renitenti
L’accanimento contro i non vaccinati è stato sconfessato in più occasioni. A maggio 2022, il giudice Giuseppe Grosso della sezione lavoro del tribunale di Grosseto accoglie il ricorso di un’insegnante che era stata allontanata dalla cattedra. Per il preside, non bastava che fosse guarita dal Covid, doveva anche vaccinarsi, perciò l’aveva confinata in biblioteca. Il giudice ritenne illegittimo il provvedimento, perché per la docente che aveva contratto l’infezione non era ancora scaduto il termine entro il quale iniziare il ciclo vaccinale. Pochi mesi dopo, a luglio, un altro giudice del lavoro, Lorenzo Audisio del tribunale di Torino, impone il reintegro di un veterinario che da gennaio era stato sospeso, senza retribuzione. Nell’Asl svolgeva funzioni meramente amministrative, non forniva un servizio sanitario o socio sanitario. All’azienda sanitaria fu imposto di farlo tornare a lavorare pagando gli arretrati non versati. A settembre 2022 arriva un’altra sentenza che riammette al lavoro una persona guarita dal Covid, ma non vaccinata. Il giudice Eleonora Carsana del tribunale di Tempio, in Sardegna, ordina che torni al suo incarico una dottoressa mamma di quattro bimbi, contraria a inocularsi nei tre mesi successivi all’infezione che l’aveva colpita. Paga le spese legali anche l’Ordine dei medici di Sassari, che l’aveva sospesa due volte. Questo novembre, il tribunale del lavoro di Parma ha disposto il risarcimento di una docente di italiano, allontanata dall’istituto in cui lavorava perché il preside non accettava il certificato medico di impossibilità a vaccinarsi.