In occasione della Relazione sull’attività del 2022, il presidente della Consulta, Silvana Sciarra, ha rilasciato molte dichiarazioni pubbliche e risposto alle domande dei giornalisti. Ha così colto l’occasione per esplicitare la filosofia costituzionale che anima i lavori delle nostre toghe supreme. «Un giorno non lontano», ha detto, «si dovrà fare un bilancio molto puntuale in merito a questa apertura di credito al legislatore che, purtroppo, su temi molto sensibili e socialmente rilevanti, non ha portato sempre a risultati soddisfacenti e rapidi per i cittadini». Frasi chiare, che pongono la Corte sullo stesso piano della politica, con il «piccolo» vantaggio di poter emanare atti non impugnabili, e dunque di avere il coltello decisamente dalla parte del manico rispetto a chi dovrebbe realizzare la sovranità popolare. Questa deriva è l’inevitabile sviluppo di un percorso che nasce da lontano, e cresce con l’idea che le Corti e il potere politico debbano concorrere ad «aggiornare» i valori costituzionali. È l’esatto opposto della concezione «originalista», che vede le toghe come ancorate al testo della Carta, e la cui prerogativa si esercita in un terreno differente da quello politico, e potenzialmente antagonista, come mostra la rabbia di Biden per la sentenza che in America ha cancellato l’aborto come diritto costituzionale: non perché i giudici fossero contro l’aborto, ma perché la Costituzione non lo prevede come diritto. Il confronto tra Antonin Scalia e i predecessori della Sciarra illumina le conseguenze di questa radicale differenza.
Lussemburgo, la Corte di Giustizia Ue (Getty Images)
Anche le sentenze della Corte del Lussemburgo devono avere dei «contro-limiti», che vengono meno per la debolezza degli Stati. Ma il controllo dei confini è di competenza di questi ultimi, che non possono cedere la loro sovranità a organismi giurisdizionali.
Bomba fiscale cinese sull’alluminio. Il capo di Rwe lancia l’allarme sulla sicurezza. Navi a doppio combustibile per aggirare l’incertezza. Il mistero della nave cinese e del cavo tranciato.
Schlein & C. imputano all’esecutivo le fasce in condizioni di indigenza. Peccato che a ingrossarle siano soprattutto gli immigrati, che loro invocano a gran voce. Altro che pagarci le pensioni: i lavoratori che arrivano da Paesi meno sviluppati abbattono i salari.
(Getty Images)
Gli stranieri partono da Paesi a reddito basso e qui non migliorano (anzi, aggravano) la loro condizione. Sono manodopera a buon mercato. Ma la miseria li spinge a delinquere e, così, rende l’Italia più insicura.