Cos’è l’usura? Prima della definizione «finanziaria», è una categoria filosofica che ha a che fare con la natura delle cose più ancora che con il denaro e gli interessi maturati su di esso. Testi sacri a parte, anche alcuni grandi poeti hanno indagato questa parola in senso antropologico, sociale e politico. Da Dante a Eliot fino a Pound, l’usura è una categoria molto più attuale e cogente di quanto possa sembrare. Il mondo contemporaneo è caratterizzato dal progressivo abbattimento di ciò che era considerato «non disponibile»: il corpo, la vita, gli organi, il tempo. Se tutto può essere merce, se tutto può essere occasione di lucro, muta la natura dell’uomo, del lavoro, dei rapporti.
Per questo il Canto XLV di Ezra Pound («With usura»), pur scritto quasi un secolo fa, parla di oggi. La fusione tra secolarizzazione liberale, rimozione dell’intangibile e dell’innumerabile, e pervasività assoluta della tecnologia, ha spalancato al commercio quasi ogni aspetto della vita. Cosa accade al corpo se può essere noleggiato a tempo (prostituzione, utero in affitto, vendita di organi)? Cosa accade se l’intimità può essere oggetto di compravendita iconografica, come accade con Onlyfans, l’Instagram osé presentato sui media come toccasana per alzare il reddito senza contatti fisici con sconosciuti voyeur? Cosa accade alla casa, all’arte, agli affetti, al lavoro, se la modalità normale di rapporto con le cose diventa un debito per la fruizione? Nulla di buono, spiega il poeta.