Gennaro Sangiuliano si è arreso. Dopo aver visto fatta a pezzi la sua vita privata, e con la prospettiva di dover assistere a uno stillicidio di rivelazioni sul suo conto e su quello delle persone che lo circondano, il ministro della Cultura ha gettato la spugna. Il suo posto verrà preso da Alessandro Giuli, un altro giornalista, da un paio d’anni alla guida del Maxxi, il museo delle arti del XXI secolo. Da comunque le si guardi, cioè da destra o da sinistra, queste dimissioni sono una brutta storia.
Perché non sono dettate da un illecito o da qualche cosa che attiene alla funzione di titolare del dicastero di via del Collegio Romano, ma da una vicenda personale che avrebbe dovuto riguardare il solo Sangiuliano e le persone coinvolte, cioè sua moglie e la donna con la quale lui stesso ha rivelato di avere avuto una relazione. Purtroppo, da privata che era, la questione è diventata politica e l’ormai ex ministro ci ha messo del suo, pasticciando e non chiarendo subito la faccenda, ma soprattutto presentandosi in tv per rendere confessione dei suoi peccati senza rendersi conto che con le lacrime agli occhi si sarebbe reso ridicolo di fronte all’opinione pubblica. Ma la storia è brutta anche perché una donna fino a ieri sconosciuta ha potuto sbertucciare - e non è detto che avendoci preso gusto non continui a farlo - le istituzioni, facendosi beffa di tutto e di tutti, con una regia che in molti giudicano sospetta. Il tempo ci dirà che cosa vuole Maria Rosaria Boccia e se le dimissioni di Sangiuliano appagheranno la sua sete di vendetta, risarcendola «come donna che si è sentita offesa». Scopriremo insomma se dietro i suoi post, le sue dichiarazioni a orologeria, la sua beffarda ironia, ci sia solo il risentimento per non essere stata nominata consigliere per i grandi eventi culturali oppure altro.
Per ora però due cose sono certe. La prima è un insegnamento, che a me richiama alla mente l’ultima stagione di Silvio Berlusconi premier. Ricordate? Il 25 aprile a Onna, con il fazzoletto tricolore al collo, l’allora presidente del Consiglio raggiunse il massimo del consenso. Però, subito dopo scivolò sui rapporti con Noemi Letizia, la ragazza di Portici a cui accorse per il compleanno. Quello fu l’inizio della sua fine. O se volete l’inizio di un calvario giudiziario che ne demolì l’immagine, anche se poi a distanza di anni fu assolto. Non avendo trovato niente altro con cui incastrarlo, alla fine lo misero in croce per le donne, il suo vero punto debole. Ricordo che Repubblica sguinzagliò per i vicoli della cittadina campana tutti i suoi migliori cronisti: meglio di un’operazione di polizia. Dopo Noemi vennero Letizia D’Addario e poi Ruby Rubacuori e le Olgettine. Le vicende private del premier in breve diventarono politiche. Oggi Berlusconi non c’è più, tuttavia c’è chi sogna di ripetere l’operazione. Prima il caso Giambruno, poi Arianna, infine Sangiuliano. Anche se sono vicende molto diverse tra loro, la storia sembra ripetersi: se non li puoi affondare per quanto fanno in politica puoi sempre provare ad affondare il colpo rimproverando loro ciò che fanno fra le lenzuola, aggiungendo magari un tocco di gossip e affari con Daniela Santanchè.
Se Giorgia Meloni vuole resistere a quello che ormai pare un assedio, deve tenere tutto ciò in massimo conto e soprattutto deve tenere le briglie strette dei suoi ministri e dei suoi collaboratori. Solo così potrà farcela di fronte a un’operazione di rigetto dell’establishment, che considera lei e la squadra che la circonda dei corpi estranei al Sistema.
Il caso Sangiuliano da questo punto di vista stimola una riflessione. Ha detto bene Marcello Veneziani su queste pagine: il ministro della Cultura ha commesso una serie di ingenuità, esponendosi agli attacchi delle opposizioni e della stampa di sinistra. Ma se il suo comportamento privato può essere attaccato dai moralisti col colbacco, altrettanto non si può fare con la sua azione politica. Appena divenuto ministro, Sangiuliano ha smontato il sistema con cui per anni si sono finanziati film di sinistra che nessuno vedeva. Soldi pubblici e tanti, concessi anche a una delle eredi Agnelli, che certo fanno sembrare il presunto biglietto gratuito al concerto dei Coldplay una marachella da schiaffetto sulla guancia. Sangiuliano ha tolto i fondi a una sinistra abituata a considerarsi padrona della Cultura e questa è una decisione che ha pagato e pagherà, perché la sua carriera e non solo politica è conclusa. Al contrario, spero che non faccia la stessa fine la riforma che egli ha voluto per sottrarre il ministero dei Beni culturali ai compagni. Sarebbe un errore imperdonabile. Significherebbe regalare al Sistema, oltre alla testa del ministro, anche la sua opera.