Non ci sono solo spese pazze. Inchiesta Karibu, spuntano 3,6 milioni ritirati in contanti

Non ci sono solo le spese pazze registrate negli estratti conto delle carte aziendali nell’inchiesta sulle presunte distrazioni dolose ai danni della coop Karibu, gestita sino all’anno scorso dalla famiglia acquisita del deputato Aboubakar Soumahoro. Nel fascicolo d’indagine e, in particolare, nella relazione finale di 188 pagine del commissario liquidatore della Karibu, Francesco Cappello, spunta un’incredibile quantità di denaro ritirata in contanti che solo in parte sarebbe stata utilizzata per le finalità sociali della coop.
Dal 2013 al 2022 3,6 milioni di euro, con picchi notevoli nel 2016, 2017 e 2018 (615.000 euro, 934.500 e 816.671). «Dall’esame delle scritture contabili emerge con chiarezza che solo una parte delle somme prelevate in contanti venivano effettivamente usate per spese attinenti la gestione della cooperativa» scrive Cappello. «Quanto sopra si deduce dalla circostanza che la cassa contanti venisse sistematicamente “ridotta” a ogni fine esercizio mediante artifici contabili». Che cosa significa? «Che ai prelievi di volta in volta effettuati non corrispondeva una successiva registrazione contabile di spesa tant’è che il saldo aumentava nel corso dell’anno fino ad importi elevatissimi e improbabili […]. Tuttavia tali somme, in realtà, erano state spese (senza giustificativo) e a fine anno, non potendo riversarle in banca, per far quadrare i conti, venivano registrati movimenti contabili artefatti». Questo significa che all’appello mancherebbero molte altre spese di cui non è rimasta traccia. Magari più discutibili di quelle che i parenti di Soumahoro non avevano problemi a lasciar tracciate e di cui in questi giorni hanno parlato tutti i media. Cappello, che non ha rinvenuto i registri sui quali dovevano essere indicati prelievi ed erogazioni, rimarca: «Tale modo di operare lascia presumere che l’appostazione del saldo della cassa contanti fosse fittizio, e finalizzato a “mascherare” la dissipazione di tali somme che, appunto prima della chiusura dell’esercizio, venivano fatte sparire anche contabilmente». Nei libri aziendali il commissario ha trovato «svariate anomalie», tra cui, «saldi negativi, saldi elevatissimi per oltre 400 mila euro, ecc.», volte «esclusivamente alla “riduzione” “aggiustamento – quadratura” della “incongruente” cassa contanti». Per esempio, in un bilancio, è stato registrato un credito «nei confronti di un “fantomatico” cliente denominato “soggetto attuatore”».
Ma la relazione si concentra soprattutto sulle cosiddette «operazioni distrattive» che è stato possibile ricostruire in modo più certo. «Tali somme risultano essere state poi di fatto in gran parte dissipate dai beneficiari finali (amministratori di Karibu) in acquisti e spese futili nonché per finanziare le attività estere di Maria Thérèse Mukamitsindo (presidente) e dei suoi figli (sia di quelli che rivestivano la carica di consiglieri/amministratori che anche di quelli estranei alla compagine sociale), utilizzando pertanto le ingenti disponibilità della cooperativa (frutto, si ripete, di erogazioni/finanziamenti pubblici per finalità sociali) come un personale “portafoglio di famiglia”». L’ammontare totale di queste operazioni è calcolato in 7,5 milioni di euro, in gran parte destinati a sodalizi considerati satellite della Karibu e praticamente senza vere strutture: 2,8 milioni sono andati alla Jambo Africa, 885.000 euro al Consorzio Aid, 1 milione all’associazione Mukra, presieduta da un noto sindacalista della Cisl ed ex presidente provinciale dell’Inail. Ci sono poi i denari destinati direttamente ai famigliari: 218.000 euro sono andati a Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, quasi 82.000 euro all’associazione belga di cui è stata presidente, 58.500 a soggetti a collegati alla signora. Alla madre sono toccati pagamenti per 490.000 euro, a cui occorre aggiungere 254.000 euro di spese con carte prepagate. Un discorso a parte merita Richard Mutangana, il cognato del deputato che dal 2016 è tornato a vivere a Kigali in Ruanda, dove fa l’imprenditore: 154.000 euro di pagamenti all’estero, 511.000 in Italia, 277.000 con la carta a lui intestata. Nella lista anche 194.000 euro in voli aerei e altri 200.000 euro di bonifici esteri. «Alcuni bonifici risultano, peraltro, disposti in un periodo di conclamato dissesto finanziario» sottolinea Cappello. Al momento del loro ingresso dentro la coop, avvenuto a fine 2022, gli ispettori ministeriali hanno verificato che alla Karibu le buste paga erano «esigue» fatta eccezione per quella della presidente Mukamitsindo, la quale percepiva «sistematicamente un superminimo di 4.500 euro lordi a integrazione della paga base». La signora, netti in busta, ha incassato 72.000 euro nel 2020 (circa 6.000 euro al mese), 73.000 l’anno successivo e 44.500 nel 2022, alla vigilia del commissariamento. Ovviamente a questi introiti vanno aggiunti l’uso delle carte di credito e spese come una cucina da 11.500 euro. Non se a passava male nemmeno il figlio Michel Rukundo, ex consigliere d’amministrazione delle coop fallite: 35.173 euro nel 2020, 43.897 nel 2021 e 31.630 nel 2022. Importi a cui vanno aggiunti anche altri pagamenti. «Dalle sue buste paga si rilevavano straordinari forfettari per oltre 2.000 euro erogati più o meno costantemente, in grave potenziale violazione dei principi di parità di trattamento, nonché in assoluta incoerenza con la situazione di illiquidità e crisi finanziaria già acclarata fin dal 2017» evidenzia il commissario. Che annota: «Occorre segnalare che il signor Rukundo ha, oltre tutto, prontamente provveduto al deposito di domanda di ammissione al passivo per totali 100.122,55 euro, di cui 17.685,48 a titolo di Tfr, 3.682,65 a titolo di indennità di mancato preavviso, 78.612,78 a titolo di retribuzioni arretrate e 141,64 a titolo di tredicesima mensilità». Anche la sua compagna Marina avrebbe incassato soldi dalle coop (35.000 euro) e depositato domanda di ammissione al passivo per 8.598,93 euro.
Liliane Murekatete è stata assunta a tempo indeterminato dal novembre 2018 al luglio 2022 con qualifica «dirigenziale» percependo circa 3.000 euro al mese nel 2020 (2.200 negli ultimi due mesi dell’anno), 35.000 euro in tutto, 27.000 nel 2021 e 14.000 nel 2022.
Nell’elenco dei fortunati beneficiari dei soldi delle coop della famiglia di origini ruandesi c’è anche una sorella di Liliane, Aline Mutesi, la quale, per alcuni anni, si è trasferita in Australia per amore. A suo favore risultano disposti pagamenti per 58.950 euro spalmati tra il 2009 e il 2022, con varie causali, ma il commissario ha scovato anche due carte prepagate intestate a dipendenti italiani delle coop che hanno fatto numerose spese in Australia, a partire da quelle per il visto d’ingresso. Una è stata utilizzata per saldare spese sanitarie della gestante Aline. Un uso che fa concludere a Cappello che «è verosimilmente ipotizzabile» che la prepagata «venisse di fatto utilizzata dalla signora Aline Mutesi per acquisti di beni e servizi in palese contrasto con le finalità sociali». Questa carta ha registrato spese per quasi 89.000 euro. La seconda per 9.700 euro. Anche alla Murekatete viene «accollata» un’ulteriore prepagata, con cui sono stati spesi 32.000 euro. Infine una carta superflash da 22.000 euro è attribuita a mamma Marie Thérèse. Pure in questi ultimi casi a rendere riconducibili alle due donne gli strumenti di pagamento è il saldo di visite mediche. Ma le brutte notizie per gli affini di Soumahoro non sono finite. «La società cooperativa Karibu, ai fini dell’esercizio della sua attività, stipulava contratti di locazione immobili, con finalità di assistenza agli immigrati. Tra questi, si segnala il rapporto con F. P. e D. F. che – stando a fonti aperte – parrebbero essere stati coinvolti in scandali e/o procedimenti penali». Uno ha incassato 51.000 euro, il secondo, accusato di aver provato a corrompere un finanziere, 196.300 euro. Cappello ha anche evidenziato, mail aziendali alla mano, che la Murekatete, dentro la Karibu, non avrebbe «rivestito solo funzioni di “segretaria amministrativa”, ma effettivamente agito da amministratore, esercitando attività di gestione finalizzata ad indirizzare l’operato della cooperativa e di controllo, anche gerarchico sulle attività dei collaboratori, nonché di rappresentanza esterna dell’ente». La donna, considerata da Cappello «un amministratore di fatto», è stata iscritta nel registro come socio lavoratore e poi volontario fondatore nel 2004.
Emblematica la mail, datata 19 novembre 2019, che pubblichiamo in questa pagina. L’oggetto è «Trasferta Milano Presidenza dottoressa Liliane Murekatete». In essa la donna aggiorna una collega dell’amministrazione che sta organizzando il trasferimento: «Ti confermo che nel corso di questo viaggio dovrò incontrare il Sindaco, Giuseppe Sala, il Deputato europeo Majorino e vari mondi Milano (fondazioni e altro)». Per questo chiede un breve riassunto sull’ultimo incontro avvenuto tra sua madre e Majorino a Bruxelles «per dare anche il follow up». La donna indica l’obiettivo della trasferta, che farà con il figlio neonato: «L’idea di questi miei incontri è anche di cercare altri sbocchi per il nostro lavoro». E per questo fa sapere di ritenere importante «mettere per iscritto non solo la nostra esperienza pregressa, ma anche le nostre idee di accoglienza». L’avvocato Lorenzo Borrè, difensore della donna, prova a respingere tutte le accuse: «Voglio prima vedere e leggere questo carteggio che non è in possesso della signora Murekatete. La quale contesta anche di essere stata beneficiaria di acquisti o prestazioni che esulano dalla retribuzione della sua attività lavorativa e da regolari contratti. Non c’è alcuna evidenza agli atti di acquisti di beni di lusso». Martedì Striscia la notizia ha ipotizzato che Soumahoro e signora possano aver soggiornato il 14 dicembre 2018 in un hotel di Foggia (al prezzo di 240 euro). «Liliane non era nella città pugliese e il marito non ha usato la carta di credito della cooperativa» ribatte il legale. In effetti quel giorno a Foggia era presente, per un evento pubblico, la Mukamitsindo. Ma restano da spiegare altri milioni di euro di spese non giustificati.