La Costituzione dice che il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio del proprio mandato (articolo 90) e che nessun atto del capo dello Stato è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che se ne assumono la responsabilità (articolo 89). Un po’ prima (articolo 87), la Carta su cui si fonda la nostra Repubblica fissa il perimetro dei compiti dell’uomo che rappresenta l’unità nazionale e tra questi non vi è la politica estera. In pratica, Sergio Mattarella, e prima di lui i suoi predecessori, presiede il Consiglio superiore della magistratura, il Consiglio superiore di difesa, promulga le leggi e i decreti che gli vengono sottoposti, indice le elezioni e i referendum e, a scadenza o quando non ci sia una maggioranza di governo, scioglie le Camere, può concedere la grazia e inviare messaggi al Parlamento. Punto. Altro non può fare, se non travalicando il mandato che gli è affidato dalla Costituzione. In altre parole, non può sostituirsi all’esecutivo, decidendo al posto di chi ha il compito di guidare il Paese. Tantomeno, dunque, può intestarsi poteri di indirizzo, in politica interna o estera. Perciò non si capisce l’attivismo del Quirinale dal giorno in cui gli italiani hanno scelto di affidare a Giorgia Meloni il governo della nazione. Soprattutto, non si comprende il corteggiamento fra l’Eliseo e il Colle che va avanti da settimane.
A tutti quanti è noto quanto accaduto. All’inizio del mese, il ministro dell’Interno, su mandato del presidente del Consiglio, ha negato il diritto di sbarco alla nave di una Ong carica di migranti. Alla fine, il cargo è attraccato a Tolone, facendo impazzire i francesi i quali, per bocca prima di Gérald Darmanin e dello stesso Emmanuel Macron, hanno attaccato in modo scomposto il nostro Paese, minacciando ritorsioni e -addirittura - chiedendo all’Europa di isolare l’Italia, manco fosse uno Stato infetto. La logica avrebbe voluto che dalla prima all’ultima istituzione italiana, dal più grande al più piccolo partito presente in Parlamento, reagissero all’unisono, mandando al diavolo i francesi e rinviando al mittente le critiche. Al contrario, l’Eliseo ha trovato in Italia una sponda che pare non tenere conto degli interessi nazionali. Non avevamo dubbi che a sinistra avrebbero fatto il tifo per Parigi. Il provincialismo dei vertici del Pd è noto: pur di apparire internazionali, sono pronti a sposare qualsiasi causa estera, fosse pure contro il nostro Paese. Però non ci saremmo aspettati una corresponsione d’amorosi sensi tra Macron e Mattarella. Da giorni i due presidenti cinguettano. Anche ieri si sono scambiati messaggi. Il primo a ricordare quanto sono buoni i rapporti tra Francia e Italia e quanto bene abbiano fatto lui, Emmanuel, e Sergio a stringere il patto del Quirinale. Il secondo a ribadire la profonda amicizia che lega i due Stati e quanto sia un bene andare d’amore e d’accordo.
Peccato che qui non si stia discutendo di un fidanzamento, ma di un rapporto dove i partner debbano essere sullo stesso piano e dove uno dei due non possa cercare di prevaricare l’altro. Né si può accettare che uno dei due, cioè Macron, cerchi di scavalcare il responsabile politico della guida dell’Italia parlando con chi, a norma di articolo 90 della Costituzione, non è responsabile. Qui non è in gioco la corrispondenza d’amorosi sensi fra Francia e Italia, ma interessi veri, economici e geopolitici. Un Paese che ha accolto 90.000 immigrati non può sentirsi insultare perché vuole stabilire che l’Italia non è l’unico porto sicuro del Mediterraneo. Né si può accettare che, non avendo accolto 250 persone dopo aver impedito lo sbarco della Ocean Viking, il nostro Paese sia ricattato e minacciato di rappresaglia. Che razza di amicizia può esistere con chi continua a ritenerci una colonia da usare e depredare? Che cosa giustifica il complesso di superiorità con cui la Francia insiste a trattarci? Ma soprattutto: perché Mattarella risponde a Macron, che non cita mai il governo italiano, come se egli e non il presidente del Consiglio fosse l’interlocutore dell’Eliseo? Le politiche interne ed estere, ribadiamo, sono di competenza del governo e non del capo dello Stato. Dunque, il presidente della Repubblica non solo dovrebbe respingere i tentativi di mettere sotto tutela il nostro Paese, ma anche quelli di delegittimazione del nostro esecutivo, perché questo fa parte dell’interesse nazionale che chi rappresenta l’unità dell’Italia dovrebbe avere a cuore. A sinistra troppi, in Parlamento e sui giornali, fanno il tifo per i francesi, sperando che loro o l’Europa siano in grado di ribaltare il risultato delle elezioni del 25 settembre. Almeno Mattarella si astenga. Egli è il presidente di tutti gli italiani, non degli italiani di sinistra. E nemmeno dei francesi.