Italiani tracciati per tutto il 2022. Confusione su obblighi ed emergenza
Era il 30 aprile del 2020. Al governo sedeva Giuseppe Conte. Domenico Arcuri da un mese e mezzo era commissario straordinario al Covid e alle mascherine. Roberto Speranza ministro della Salute, allora come adesso. In quella data veniva partorito il decreto legge, convertito in Aula soltanto nel giugno successivo, che consentiva di mettere in piedi la più grande piattaforma di tracciamento degli italiani. L’obiettivo dichiarato, chiaramente, la necessità di verificare con quali e quanti positivi si era stati a contatto. Da lì nasce l’app Immuni che a oggi è stata scaricata da circa 19 milioni di italiani. Non è servita a granché. Non certo per via degli sviluppatori, ma per colpa della controparte pubblica e delle strutture sanitarie che alla fine omettevano di inserire i dati o lo facevano in ritardo. Tanto che con il passare del tempo il nome dell’app è finito nel dimenticatoio. La piattaforma è rimasta attiva. Anzi ha ampliato le sue funzioni. Non c’è da fornire i dati solo ad Immuni. Esiste Io e soprattutto il green pass che ora è diventato super. L’autorizzazione a tracciare gli italiani è stata di fatto estesa perché vincolata allo stato di emergenza, a patto però di non superare la data del 31 dicembre 2021. Fino a quattro giorni fa, quando il Senato ha preso in carico un disegno di legge stralciato dal percorso della manovra firmato, il 16 novembre scorso, dal ministro dell’Economia, Daniele Franco. Il file mira a differire il termine dell’utilizzo del sistema di allerta Covid e proroga in barba alla privacy degli italiani l’intero sistema di tracciamento fino al 31 dicembre di quest’anno.
Al di là della modalità silenziosa e della perenne assenza di trasparenza, la scelta infila la giurisprudenza in una serie di grattacapi. Innanzitutto si supera il nesso valido fino allo scorso anno tra il lasso temporale per violare la privacy e lo stato di emergenza. Quest’ultimo, secondo il decreto del 24 dicembre, terminerà il 31 marzo. Mentre il tracciamento degli italiani continuerà anche senza lo stato d’eccezionalità. Non solo. La piattaforma è uno degli elementi per raccogliere le informazioni necessarie a rifornire di dati la blockchain del green pass. Il quale a sua volta, nella versione Super, dovrebbe scadere a fine marzo. Se non bastasse, a questo caos se ne aggiunge un altro di natura ancor più invasiva. Il decreto varato a ridosso della Befana obbliga gli over 50 a vaccinarsi. L’obbligo permane fino al 15 giugno. Non si sa quale sia la natura scientifica di tale scadenza (evidentemente non c’è fondamento sanitario), ma il risultato certo è che al momento abbiamo uno stato d’emergenza che scade a marzo e dovrebbe causare lo spegnimento del green pass, ma al tempo stesso un obbligo che vive per altri due mesi e mezzo e che può sussistere solo tramite l’imposizione del green pass. A questo punto è chiaro che il bliz di Franco per prorogare il tracciamento è l’escamotage necessario per lasciare viva l’impalcatura digitale anche quando sarà definito decaduto lo stato di emergenza. Il governo Draghi, già dallo scorso aprile con il decreto Sostegni, poi a maggio e giugno, rispettivamente con l’introduzione della governance per il Pnrr ex decreto 31 maggio 2021 e con il decreto del 17 giugno 2021, ha tirato in piedi, non certo dal nulla, la ciclopica macchina della piattaforma nazionale Digital green certificate (Pn-Dgc) per l’emissione, il rilascio e la verifica dei certificati verdi. Ha reso interoperabili le banche dati dell’anagrafe nazionale vaccinale (Anv), quelle regionali e le ha collegate al sistema della tessera sanitaria gestita dal ministero dell’Economia e dell’Eu-Dgcg sopra menzionata, facendo diventare il tutto il gateway portante dell’intera infrastruttura digitale.
Il compito della certificazione è stato affidato, per l’Italia, al Poligrafico della Zecca dello Stato. Lo scorso ottobre, sempre il governo Draghi, ha autorizzato centinaia di enti pubblici e di partecipate a scambiarsi le informazioni sulle abitudini dei cittadini senza dover dichiarare in anticipo l’uso che verrà fatto dei dati. A chi ancora non è chiaro che il green pass resterà a controllare gli italiani sfugge l’enorme potenziale per lo Stato. Per comprenderlo basta però andare a spulciare gli indirizzi Ue datati 20 febbraio 2020 sugli obiettivi di trasformazione digitale del Vecchio Continente. Ne abbiamo scritto più volte. Il passaporto sanitario potrà incrociare i dati fiscali con quelli dei consumi e delle spese. Potrà diventare l’autostrada dell’euro digitale. Potrebbe anche consentire di prelevare in tempo reale il corrispettivo Iva di ciascuna transazione. A chi gioisce aspettandosi la sconfitta di tutti gli evasori, sarebbe il caso di ricordare che i delinquenti fuggiranno o bypasseranno i sistemi. Gli altri saranno ancor più spremuti. La giungla dei soprusi fiscali fino ad oggi era colta solo dalle partite Iva. L’impressione è che il modello Erario ora lo si voglia estendere al resto della vita.