Ma siamo sicuri che a essere isolata sia la Russia e non noi? Beh, certo, l’Italia sta con l’Europa e a sua volta il Vecchio continente è alleato degli Stati Uniti e della parte economicamente più evoluta del mondo. Insieme, i cosiddetti Paesi occidentali rappresentano anche le principali democrazie del globo, dove il rispetto dei diritti umani è garantito e la libertà di espressione è massima.
Noi rispettiamo tutte le diversità e assicuriamo che ogni cittadino sia uguale davanti alla legge, a prescindere dal colore della pelle e dalla religione che professa. Tuttavia, dopo aver letto dell’ultima riunione dei Brics, acronimo che rappresenta i cinque Paesi le cui economie sono considerate emergenti, mi è venuto il dubbio che a rischiare di essere isolati possiamo essere noi. Ovvio, noi siamo convinti di essere dalla parte giusta, quella della ragione contro la violenza di un’invasione. Ma la geopolitica non si fa con l’etica e neppure con i principi: quasi sempre è il frutto di posizioni di forza, di eserciti che si contrappongono, di interessi economici che si contrastano. Dunque, mettete da parte le categorie che giustamente vi spingono a sostenere che Putin è un criminale e un macellaio e seguitemi.
Secondo la nostra visione del mondo, lo zar del Cremlino è un paria attorno al quale dovrebbe essere steso un cordone politico sanitario di tutto il mondo. Ho usato dovrebbe, perché così non è e la dimostrazione sta proprio in quella riunione dei Brics, ovvero dei rappresentanti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, guarda caso tutti Paesi che non hanno adottato sanzioni contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina. Insieme, il loro Prodotto interno lordo supera quello dell’Europa e sta alla pari con quello degli Stati Uniti d’America. Se prendiamo i Paesi più industrializzati, Brics rappresentano un terzo del totale, ma hanno poco meno della metà della popolazione mondiale. Insomma, i Brics, che pure hanno storie ed economie diverse, non hanno affatto isolato Putin, trasformandolo nell’appestato del mondo, ma con lui intrattengono relazioni e fanno affari, progettano silenziosamente, ma neanche troppo, di sottrarsi all’abbraccio dell’Occidente e in particolare dell’America. Già l’idea era nell’aria da tempo, ossia il progetto di una valuta che sostituisse il dollaro e l’euro per gli scambi commerciali internazionali, in particolare di quelli sulle materie energetiche come gas e petrolio. Ma adesso il progetto sembra prendere piede. In pratica, si tratterebbe di sviluppare un nuovo paniere che tenga conto del real, cioè della valuta brasiliana, dei rubli, delle rupie, del renminbi, ovvero della moneta cinese, e del rand sudafricano, sostituendo di fatto lo Special drawing rights del Fondo monetario internazionale, ossia il paniere di crediti sulle principali valute di riserva, come ad esempio il dollaro, l’euro, la sterlina e più recentemente lo stesso renminbi. In pratica i Brics, dopo il congelamento delle riserve russe e l’embargo sui commerci con Mosca, potrebbero essere tentati dall’idea di costruire un paniere per gli scambi valutari che si sottragga all’influenza degli Stati Uniti e dell’Europa. Del resto, dopo le sanzioni inferte a Putin e agli oligarchi in conseguenza dell’invasione dell’Ucraina, la Russia ha cercato di trovare canali alternativi per continuare a sostenere la propria economia. Ai blocchi decisi da Bruxelles per impedire l’esportazione del petrolio, una delle principali fonti di reddito russe, lo zar del Cremlino ha reagito vendendo il greggio a India e Cina, trasformandosi in pratica in uno dei principali fornitori di oro nero per i due giganti asiatici, al punto di scavalcare l’Arabia. La stessa cosa Putin la sta provando con il gas e con altre materie prime, sostituendo l’Europa con i Paesi che non applicano l’embargo. Riuscirà l’operazione? Di certo, per ora i numeri stanno dando ragione a lui e torto all’Europa. È possibile che sul lungo periodo le sanzioni producano un effetto sull’economia di Mosca, ma al momento la stanno producendo su quella occidentale, con un’inflazione alimentata dal prezzo del metano e del greggio che rischia di far sballare tutti i conti pubblici dell’eurozona. E non solo. Mentre Bruxelles si gingillava in attesa di decidere come e quando ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, Putin giocava d’anticipo, chiudendo un po’ il rubinetto dei suoi gasdotti, impedendo in tal modo ai Paesi della Ue di accumulare le riserve per la stagione fredda. Inutile dire che la riduzione delle forniture ha avuto un impatto immediato sui prezzi, con il risultato che lo zar non ha diminuito i suoi guadagni, ma noi stiamo diminuendo le nostre scorte. La Germania ha già proclamato l’emergenza. Noi ancora no, ma solo perché il ministro che se ne dovrebbe occupare, Roberto Cingolani, tergiversa, continuando a inseguire i sogni di fonti alternative che al momento non ci sono.
Risultato: a essere isolati presto potremmo essere noi. Probabilmente ci consoleremo dicendo, come Giggino Di Maio, che siamo dalla parte giusta della storia. Ma stare dalla parte giusta non riscalderà molto gli italiani.