Caro Gianfranco Librandi, le scrivo per ringraziarla della sua coerenza. Qualche tempo fa, quando era nel Pd, disse: «Mi sono reso conto di essere sempre stato di sinistra». Per questo, si capisce, è appena entrato in un partito di centrodestra.
Il suo passaggio a Forza Italia, per altro, non fa che completare il tour: da Forza Italia (consigliere comunale a Saronno) era partito nel 2004. Poi si trasferì a Scelta Civica. Quindi al Partito democratico. Quindi a Italia Viva. Quindi a Più Europa. E ora di nuovo a Forza Italia. Oplà, giro completo. Almeno il primo giro. Poi magari si ricomincia, chi lo sa. Nel frattempo lei ha anche fondato, senza molto successo, alcuni movimenti come l’Unione italiana, Civici e Innovatori e infine l’ultimo L’Italia c’è, che riassume nel titolo una solida realtà: l’Italia, in effetti, c’è. Librandi, purtroppo, pure.
Non se ne abbia a male, ma nella sua carriera ci sono più partiti che voti. Trombato alle comunali di Milano (2011), trombato alle regionali della Lombardia (2013), trombato alle politiche (2022) e trombato alle europee (2024), ha ottenuto solo due volte un seggio in Parlamento. Un po’ poco, per tutte quelle girandole. Ma che ci vuol fare? Noi che la seguiamo con affetto da tempo sappiamo che lei è un idealista. Così si è definito quando saltò fuori che aveva versato 800.000 euro alla fondazione Open di Renzi, poco prima che Renzi lo candidasse nel Pd. «Sono un idealista», disse proprio. E sempre da idealista ha versato 100.000 euro anche a +Europa prima che +Europa lo candidasse. Per l’idealismo, si sa, non si bada a spese. «C’è chi compra uno yacht, io finanzio la politica», ha spiegato. Che poi la politica, per lei, è un altro modo di andare in barca.
Ogni volta che lei compare in tv, infatti, dà spettacolo. Gli autori dei talk vanno matti per le sue «librandate»: «Noi italiani finiremo a pulire i cessi degli africani», «Mai visto un immigrato in sala rianimazione: sono più forti di noi», «I rom? Meritano i privilegi«, «I terremotati? Dormano in tenda», «Monti è simpatico», «Gentiloni unico premier possibile», «La Sardegna? Non produce nulla», «I meridionali? Africani bianchi». «I cinesi? Selvaggi». A un certo punto si era messo in testa di insegnare la dieta mediterranea all’intero Oriente. Poco dopo dichiarò che voleva andare da Putin «a farlo ragionare sulla pace». Per fortuna l’hanno fermata prima che scoppiasse la guerra nucleare.
Figlio di un calabrese, nato a Saronno, imprenditore nel campo della tecnologia e dell’illuminazione, lei ha accresciuto nel tempo la sua ricchezza e il suo ego. Ha già scritto un’autobiografia (La mia storia italiana) e ha realizzato un film sulla sua vita (Da una corsa in bicicletta). Però non si accontenta: vorrebbe come minimo una trilogia. Quando arrivò la Guardia di finanza nel suo ufficio sbottò: «Sono un intoccabile, voi siete finiti». Poi aggiunse: «Leghisti di merda». Così almeno sta agli atti, anche se lei ha sempre smentito di aver detto quelle parole. In Rete si può trovare pure una sua versione rap: «Sono Gianfranco, ho fatto il militare e non mi faccio fregare». Non un granché per la verità. Come musicista è quasi peggio che come politico, il giro di do le viene peggio del giro dei partiti. Eppure non escludo di vederla presto sul palco di Sanremo. Perché quando uno è idealista come lei ottiene sempre quello che vuole. A qualsiasi prezzo.