Il docufilm sulle follie sanitarie conquista il Paese stanco dei dogmi
Tra gli italiani c’è voglia di tornare a pensare. Dopo due anni di pandemia in cui ogni ragionamento è stato umiliato, ogni riflessione vietata, ogni critica censurata, e alla vigilia della nuova stretta autoritaria che si sta profilando a livello europeo in nome delle emergenze nel frattempo subentrate, si assiste ad un «risveglio»: tante persone non sono più disposte a spegnere il cervello per farsi guidare da decisioni palesemente irrazionali, incoerenti, insensate.
Che sia in atto un cambio di passo in tal senso, lo dimostra il grande interesse per il docufilm prodotto dalla Verità, dal titolo Covid 19, dodici mesi di pensiero critico: a pochi giorni dalla sua pubblicazione sul sito, in molte città si stanno infatti organizzando proiezioni pubbliche, seguite da dibattiti e confronti.
Così - per iniziativa spontanea dei cittadini - da nord a sud sta prendendo forma un «docu-tour», che torna ad unire un Paese uscito lacerato dall’esperienza pandemica: si comincia a Napoli e a Trieste (città che nel 2021 è stata la scintilla della rivolta nei confronti dell’introduzione del green pass sui posti di lavoro), per proseguire con successive tappe in Piemonte, Abruzzo, Lombardia, Veneto e Lazio.
Il docufilm, che affronta un anno di gestione pandemica attraverso una lettura ragionata degli eventi, si prefigge di superare i riduzionismi e le contrapposizioni sterili che hanno finora caratterizzato il dibattito sul tema e in tal modo di fornire alle persone uno stimolo a recuperare quella precipua caratteristica umana - il raziocinio - che oggi a qualcuno fa comodo venga messo da parte.
Accademici, economisti, giornalisti, scienziati e persino religiosi, hanno analizzato gli eventi mese dopo mese, a partire dall’introduzione del green pass, nell’agosto 2021, evidenziando come il Covid abbia introdotto - dal punto di vista sanitario, giuridico, culturale, economico ed etico - mutamenti strutturali che vediamo tuttora in atto, con le crisi che si susseguono.
Lo sguardo di chi vedeva ciò che è sembrato sfuggire a molti ha colto cambiamenti senza precedenti, che riguardano sia la persona (con la violazione di principi umani fondamentali, la vulnerazione totale dei diritti dei lavoratori, il venir meno del principio di precauzione e del bilanciamento rischi-benefici in campo medico); sia la società nel suo insieme (con l’esautoramento del Parlamento, bypassato dal continuo ricorso alla decretazione d’urgenza, la perdita di credibilità di istituzioni che hanno mentito e aizzato divisioni, la crescita della sorveglianza mediante nuovi mezzi tecnologici).
Agli italiani è stato chiesto di accettare tutto questo senza fare domande, senza avanzare dubbi, senza ragionare sulle conseguenze: smettendo di pensare, lasciandosi telecomandare da media che non fanno più informazione ma propaganda e azzerando la propria capacità critica di leggere la narrazione, la popolazione ha permesso accadessero precedenti gravi a livello umano, sociale, istituzionale.
Ci ritroviamo così tutti «arruolati» in una società ormai perennemente militarizzata, che passa di guerra in guerra e che quindi ha sempre un nemico (ora il virus, ora la Russia, ora l’inquinamento); è sempre spaventata (viviamo in una paura alimentata di continuo che impedisce di razionalizzare); non sa mai cosa davvero succeda, dal momento che in guerra la prima vittima è sempre la verità; è sottoposta ad una disciplina ferrea e oppressiva.
Pensare è anche essere capaci di uno sguardo globale che metta in relazione gli avvenimenti, e dal docufilm emerge chiaro un filo rosso che lega la pandemia ad altro: gestione biopolitica della società; entrata in una crisi permanente e legittimazione, in nome dell’emergenza che ne deriva, di cambiamenti epocali; enorme spostamento di investimenti in nuove direzioni (Big Pharma, green economy, Fit for 55, Next Generation Eu); concentrazione di ricchezza nelle mani di corporations e oligopoli privati e la loro saldatura con apparati statali; trasformazione dei cittadini in utenti digitali, con conseguente crescita della società del controllo e della sorveglianza attraverso il green pass (elemento decisivo per accelerare una digitalizzazione già decisa) e i prossimi potenziali sviluppi di tale strumento.
Non a caso un’appendice del docufilm è dedicata proprio ad approfondire questi ultimi e più recenti aspetti: la tecnologia interoperabile e modulabile che sta alla base del certificato verde, la strategia politica europea di digitalizzazione antecedente lo scoppio della pandemia, la rischiosa trasformazione dell’identità personale in identità pubblica digitale, che potrà essere plasmabile per ogni esigenza statale. A cogliere i segni che l’esperienza del Covid abbia rappresentato solo l’inizio di una gestione autoritaria della società, e ad intravedere il pericoloso futuro che ci viene «preparato», a quanto pare sono dunque sempre più persone, desiderose di tornare a riflettere, ragionare, dialogare. Prima che sia troppo tardi.
Se vuoi organizzare una proiezione pubblica del nostro docufilm scrivi a web@laverita.info