Pronti, via: come indicato da Magistratura democratica, le toghe non convalidano i primi «trattenimenti» in Albania perché non ritengono «sicuri» i Paesi d’origine. Il premier non ci sta: «Questo deve deciderlo la politica, lunedì faremo un cdm apposta».
Sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini hanno provato in questi anni a contrastare gli sbarchi di extracomunitari. Ma nella lotta all’immigrazione clandestina, ogni volta hanno incontrato un ostacolo insormontabile: la magistratura. Al punto che il problema ormai non è individuare le rotte percorse dagli scafisti e neppure fermare le organizzazioni criminali che stanno alle spalle del traffico di uomini e donne dall’Africa alle nostre coste. Il problema sono i magistrati, i quali smontano quotidianamente le barriere che il governo prova a montare per frenare l’ondata di profughi. In nessun Paese d’Europa assistiamo a uno scontro come quello in atto tra governo e giudici. In nessuno Stato di diritto si vede un ministro sotto processo non per essersi fatto corrompere o aver derogato ai propri compiti, ma per avere dato disposizioni in linea con il mandato ricevuto dagli elettori.
Qualche giorno fa, commentando le proteste della sinistra e delle Ong per l’apertura del centro di trattenimento dei migranti in Albania lo avevo previsto. Giorgia Meloni e l’esecutivo non devono preoccuparsi di quanto dice il Pd, che in Europa chiede l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per il trasferimento dei richiedenti asilo a nord di Tirana. Né le proteste per i presunti sprechi, né le accuse di aver inaugurato dei lager hanno il benché minimo fondamento e dunque alcuna possibilità di bloccare un accordo che è guardato con interesse da mezza Europa. Il solo vero ostacolo, scrivevo, sono i magistrati. O meglio, le sezioni immigrazione dei tribunali, alla cui competenza sono affidate le strutture costruite di là dall’Adriatico. Non ci voleva un grande fiuto per capire che a minare il progetto ci avrebbero pensato i giudici, i quali si sono già messi di traverso su altre decisioni di Palazzo Chigi e del Viminale, come per esempio le «riammissioni» dei migranti in Slovenia o il blocco delle navi delle Ong disposto dal ministero dell’Interno. Ma a proposito del protocollo sottoscritto da Giorgia Meloni con Edi Rama, premier socialista albanese, si capiva fin da maggio che l’intesa sarebbe passata sotto le forche caudine delle toghe. Agli Stati generali delle Ong dell’accoglienza, alcuni esponenti di Magistratura democratica, la corrente di sinistra dei giudici, avevano già espresso il loro pensiero, che del resto era in linea con gli organizzatori dell’incontro, sul cui invito campeggiava in bella vista il simbolo No Cpr. Silvia Albano, magistrato in servizio a Roma e incaricata di occuparsi di migranti, aveva anticipato che il trasferimento in Albania «poteva essere illegittimo e configurare un respingimento collettivo», che dunque non avrebbe potuto essere convalidato. E già mesi fa era chiaro che l’argomento usato per smontare l’intesa sarebbe stata la lista dei cosiddetti Paesi sicuri, caposaldo di una recente sentenza anche della Corte di giustizia dell’Unione europea. Un’interpretazione che porta alla facile conclusione che nessun Paese è da considerarsi sicuro se non l’Italia e gli altri Stati europei.
Quello che si ipotizzava a maggio, nei convegni delle Ong a cui hanno partecipato pure alcuni giudici, adesso è realtà. I 12 migranti trasferiti nel centro a nord di Tirana non possono stare in Albania anche se la loro richiesta di protezione umanitaria è già stata respinta. Oggi saranno riportati in Italia da una nave militare e collocati in un centro per richiedenti asilo, in attesa di fare ricorso. In pratica saranno liberi, come tutti coloro che una volta giunti sulle nostre coste chiedono la protezione umanitaria. Che ne abbiano diritto o no poco conta, l’importante è sbarcare e poi anche se arriva un provvedimento di espulsione ci si può sempre dare alla macchia.
È evidente che di questo passo nessuna norma potrà mai fermare il traffico di migranti. Se alle Ong non si può vietare di fare la spola tra le coste del Mediterraneo, né impedire l’accesso ai porti, se le navi non possono essere sequestrate e nemmeno si possono trattenere i migranti, tanto vale dichiarare l’Italia nazione aperta, abolendo i confini, ma già che ci siamo pure i tribunali che si occupano di immigrazione. Di certo potremmo risparmiare, usando le aule per accogliere i profughi. E già che ci siamo, un po’ di richiedenti asilo li possiamo pure mandare a casa dei giudici. In fondo, secondo loro, i diritti umani prevalgono su tutto. Dunque, anche sulle loro abitazioni.