Colf e badanti non escono di casa. Sanatoria flop anche per il fisco
La sanatoria voluta dal ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, è stata un flop anche per l'erario. Non solo i lavoratori del settore (...) agricolo sono rimasti appena sfiorati dalla procedura, che ha interessato per l'85% colf e badanti, ma la regolarizzazione potrebbe portare allo Stato solo 300 milioni di euro l'anno, perché più di 1 milione di domestici continuano ad essere utilizzati in nero. I dati elaborati dall'Osservatorio nazionale Domina tolgono ogni residuo di dubbio sull'utilità del decreto, invocato tra le lacrime dalla Bellanova che aveva anche minacciato di dimettersi se non veniva cancellata l'orrenda piaga del caporalato. Le nostre campagne sono sempre a corto di manodopera, di lavoratori che non hanno beneficiato se non in minima parte della politica delle braccia aperte del ministro renziano e lo Stato si è visto salire di appena il 20% le potenziali entrate legate ai domestici in regola (tra Irpef, addizionali e contributi). Si deve far bastare 1,8 miliardi di euro. Se tutti gli irregolari, colf e badanti, avessero approfittato della sanatoria come sosteneva il governo, e avessero un regolare contratto di lavoro, lo Stato riceverebbe ulteriori 1,8 miliardi portando le entrate fiscali a 3,6 miliardi di euro. Invece deve accontentarsi di quasi 2 miliardi in meno, che non sono certo poca cosa per il gettito del nostro Paese. Già le domande di regolarizzazione, tra il primo giugno e il 15 agosto, invece di 600.000 sono state appena 207.542, di cui l'85% nel settore domestico (176.848) tra colf (122.247) e badanti (54.601) mentre solo il 15% ha riguardato l'agricoltura con 29.500 richieste sulle 30.694 totali per l'attività subordinata. Quindi zero sollievo per l'agricoltura. Se poi consideriamo che la maggior parte di colf e badanti continua a lavorare in nero, ci rendiamo conto che la sanatoria voleva solo consentire ai migranti di essere in regola. A livello regionale, ricordiamo, quasi un quarto delle domande di regolarizzazione è avvenuto in Lombardia (23,6%), seguita da Campania (15,9%) e Lazio (10,8%). A livello provinciale, la città con più domande di regolarizzazione è stata Milano (22.000), seguita da Napoli (19.000) e Roma (17.000). Secondo l'elaborazione di Domina, pubblicata dal Sole24Ore, dagli 848.987 lavoratori domestici attuali, in regola, possono derivare 1,5 miliardi di euro di gettito fiscale mentre i 176.848 regolarizzati con la sanatoria (quindi numeri comprensivi anche dei braccianti) offrono solo 0,3 miliardi di euro. Restano in nero 1.010.000 irregolari nel settore domestico (secondo dati Istat 2019), che potrebbero assicurare entrate fiscali per 1,8 miliardi di euro ma che se ne sono fatti un baffo del decreto legge, annunciato tra le lacrime dopo il consiglio dei ministri dello scorso maggio: «Da oggi gli invisibili saranno meno invisibili», dichiarò la Bellanova. Con la sanatoria, quindi il governo giallorosso non è riuscito a portare in cassa quasi 2 miliardi di euro. «Si tratta di importi economici importanti che non solo porterebbero benefici al nostro sistema fiscale, ma che consentirebbero anche alle famiglie datori di lavoro domestico ed ai lavoratori stessi di vivere il rapporto di lavoro con maggiori tutele e garanzie», ha osservato Lorenzo Gasparrini, segretario generale Domina, commentando la procedura di emersione. Unica entrata certa per lo Stato, i 30,3 milioni di euro derivanti dalla gestione amministrativa della regolarizzazione e che rappresentano il saldo tra i contributi forfettari per la regolarizzazione (105,5 milioni di euro) e i costi amministrativi (75,2 milioni di euro). Per ogni lavoratore messo in regola, infatti, il costo a carico del datore era di 500 euro «a copertura degli oneri connessi alla procedura di emersione», mentre il lavoratore straniero con permesso di soggiorno scaduto (sono stati in tutto 44.000) doveva pagare 130 euro. Una volta conclusa la procedura, che malgrado la deroga di un mese rispetto alla data iniziale ha raccolto poco più di 200.000 domande, il ministro Bellanova si era ovviamente dichiarato soddisfatto parlando di «numeri importanti che confermano ancora una volta di più la bontà della norma, la sua necessità, la giustezza del percorso avviato». Le andavano benissimo anche i pochissimi braccianti regolarizzati, uno ogni cinque dei 150.000 stimati sul nostro territorio, insisteva parlando di «migliaia e migliaia di persone che, anche in agricoltura, da oggi, hanno riguadagnato visibilità e dignità, sono una ragione in più per rafforzare il nostro lavoro». La responsabile delle politiche agricole era preoccupata per i migranti clandestini, non per le nostre campagne che restano senza manodopera qualificata, senza stagionali per la raccolta della frutta e dell'uva che conoscano il settore, mettendo così a rischio la vendemmia. «Solo una minoranza, degli immigrati che abitano nei ghetti, lavorano in agricoltura», aveva dichiarato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, inascoltato dal ministro nelle sue richieste di «corridoi verdi» per i lavoratori e dei voucher. La Bellanova preferisce ignorare. Anche le richieste dei ristoratori e nemmeno mostra interesse per gli italiani che ancora aspettano la cassa integrazione.