La Cgil sciopera contro l’austerity ma applaudiva i tagli dei competenti

I sindacati europei, Cgil in testa, hanno proclamato uno sciopero contro l’austerità. Forse conviene spendere due parole su questo concetto di austerità. Detta in parole povere, significa spendere meno soldi pubblici possibile e limitare anche i consumi da parte di uno Stato che ha bisogno di portare a termine un risanamento economico del Paese. È quello a cui assistiamo da anni e principalmente per il debito pubblico accumulato che non consente spazi di manovra in quanto, con l’adesione al Trattato di Maastricht e al Patto di stabilità e sviluppo (nonché per i debiti accumulati per il Covid), abbiamo assunto degli impegni sui limiti di spesa che si sono dimostrati eccessivi, anche nell’ultima manovra di bilancio del governo Meloni che ha potuto superare di poco i 20 miliardi in un momento in cui ce ne sarebbero voluti almeno tre volte tanto.
Per un abbassamento del cuneo fiscale, ad esempio, il governo ha saggiamente messo sul piatto 10 miliardi (non potendo fare di più) pure nella consapevolezza che, per una riduzione significativa che metta in tasca agli italiani qualche centinaio di euro, ci sarebbero voluti almeno 30 miliardi. I sindacati italiani, ma anche quelli europei, hanno un difettuccio che stanno dimostrando anche in questo sciopero: indicano sempre i problemi, raramente le soluzioni.
È buffo vedere la Cgil che sciopera per l’austerità oggi, quando non ha battuto ciglio soprattutto davanti ai tagli fatti dal governo Monti precettato dall’Europa. E poi a seguire. Allora l’austerità era la via della salvezza, quella che ci avrebbe consentito di riacquistare credibilità internazionale sui mercati e di risistemare i conti interni per fare delle riforme che aiutassero le famiglie e le imprese, cioè le imprese a produrre e le famiglie a consumare. Come è noto non fu così, in particolare l’aumento dell’Iva da parte del governo Monti che provocò un crollo del gettito dell’Iva stessa. Era banale capirlo: se aumenti l’Iva sui prodotti, i prodotti stessi costano di più e, costando di più, i consumatori ne comprano di meno e quindi lo Stato riceve nelle proprie casse meno Iva. Ma così fu.
Ora i sindacati scioperano contro l’austerità. Si può essere d’accordo o no con gli economisti e premi Nobel americani Joseph Stiglitz e Paul Krugman; da anni sostengono che le politiche economiche europee sono totalmente sbagliate semplicemente per il fatto che i debiti si devono fare quando c’è bisogno, cioè quando la situazione economica è critica, quando il mercato tarda a riprendersi, quando i consumi e gli investimenti tardano ad entrare in una fase positiva. Il problema è che l’Europa non ha mai creduto, e non crede, che diminuendo le tasse, anche a debito, questa diminuzione possa innescare un circolo positivo di maggiori consumi e maggiori investimenti e, in definitiva, mettere soldi in più in tasca ai consumatori. Eppure, gli Stati Uniti d’America hanno dimostrato, sia pure con governi presieduti da presidenti su posizioni opposte (vedi Obama e Trump, con il piccolo seguito di Biden), che facendo debito per diminuire le tasse si è data una spinta all’occupazione, all’economia e ai consumi, nonché agli investimenti. E non c’è più neanche la scusa che gli Usa hanno il debito basso perché supera da anni abbondantemente il 100%.
Evidentemente negli Usa sia i repubblicani che i democratici pensano che questa sia una formula vincente e regolarmente ripaga il loro convincimento.
Quindi: contro cosa scioperano i sindacati europei? Contro i limiti al debito pubblico e al deficit annuale che pone l’Unione Europea? Intendono forse sostenere che questo debito andrebbe allargato superando l’austerità dei conti pubblici verso politiche espansionistiche, cioè che espandano ulteriormente deficit e debito pubblico? Nel caso in cui questo fosse quello che intendono, ritengono che siano i singoli Stati membri a doverlo fare - previa autorizzazione dell’Ue - o che si debba forse pensare e ricorrere ad un debito pubblico europeo e ad una Bca che diventa prestatore di ultima istanza, come la Fed americana? O forse non pensano nulla e pensano di manifestare contro l’austerità come si potrebbe manifestare per esempio contro l’artrite reumatoide? Perché se è vero che l’austerità è una politica economica discutibile, è altrettanto vero che ci possono essere delle soluzioni alternative ma che non sono né facili né immediate. Richiederebbero un ripensamento radicale dell’assetto finanziario economico europeo, a partire dalla Bce, il che richiederebbe, a sua volta, una proposta complessiva di ristrutturazione delle istituzioni europee che è certamente auspicabile quanto possibile, ma chi la fa? I sindacati hanno qualche idea in proposito?






