Dopo aver creato, grazie all’intelligenza artificiale, un video in cui mostrava la trasformazione della striscia di Gaza in una via di mezzo fra Miami e Las Vegas, il presidente americano Donald Trump aveva fatto un passo indietro, dichiarando che nessun cittadino di Gaza sarebbe stato allontanato dalla striscia. Secondo l’agenzia di stampa americana Associated Press invece nelle settimane scorse gli Stati Uniti ed Israele hanno condotto una serie di incontri con autorità di tre paesi africani per tastare il terreno e l’eventualità di uno spostamento dei circa 2 milioni di abitanti di Gaza.
I tre stati coinvolti sarebbero il Sudan, la Somalia e la regione separatista ed autoproclamata indipendente del Somaliland, l’ex Somalia Britannica. Khartoum da due anni è sconvolta da una terribile guerra civile che vede i governativi combattere contro i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido con milioni di profughi sia interni che esterni. Anche se il Sudan è uno degli stati che ha firmato gli Accordi di Abramo sulla normalizzazione dei rapporti con Israele, il presidente golpista Abdel-Fattah al Burhan ha ufficialmente respinto qualsiasi piano che miri a trasferire "i fratelli palestinesi dalla loro terra sotto qualsiasi giustificazione o nome". La Somalia vive da un trentennio una situazione interna estremamente precaria con i terroristi di al- Shabaab che controllano intere province e minacciano il debole governo di Mogadiscio, fortemente sostenuto dalla Turchia.
Ahmed Moalim Fiqi, ministro degli Esteri della Somalia, raggiunto telefonicamente, ha spiegato la posizione del suo paese. «Il governo somalo non ha ricevuto nessuna proposta da parte di Stati Uniti ed Israele per reinsediare i palestinesi di Gaza nel nostro territorio. Ma anche nel caso che questa proposta arrivasse la Somalia respinge categoricamente ogni iniziativa che possa compromettere il diritto del popolo palestinese a vivere pacificamente nella propria terra ancestrale. Il mio paese ed il mio governo ribadiscono con forza il loro totale appoggio alla causa palestinese, perché finalmente possano arrivare ad avere un loro stato indipendente». Mogadiscio ha da sempre una posizione netta sulla questione palestinese e partecipando all’ultima riunione della Lega Araba ha ribadito il suo pensiero. Più articolata la posizione del Somaliland che lavora ormai da tempo con Tel Aviv che qui ha anche aperto una base militare per controllare i movimenti degli Huthi nel Mar Rosso.
L’ex colonia britannica è alla ricerca del riconoscimento internazionale e gli Stati Unti della nuova amministrazione Trump sembrano disposti ad una seria apertura diplomatica. Tecnicamente ancora dipendente dalla Somalia, questa striscia di terra spalmata sulle coste del Mar Rosso, si autoamministra del 1991 ed ha raggiunto una certa stabilità e crescita economica. Mogadiscio ha minacciato chiunque volesse riconoscere la sua indipendenza, ma gli Emirati Arabi Uniti, l’Etiopia e l’Arabia Saudita sembrano pronti al decisivo passo diplomatico. In questo momento storico il Somaliland sta cercando di rafforzare le relazioni con Washington, anche favorendo Israele come nel caso della concessione della base, ma Abdirahman Dahir Adan, ministro degli Esteri ha negato che siano in corso colloqui sul trasferimento dei palestinesi.
«Il legittimo governo del Somaliland non ha ricevuto nessuna richiesta ufficiale su questo argomento e per questo motivo non abbiamo nessuna posizione ufficiale- spiega il giovane e scaltro diplomatico-. Stiamo lavorando molto per aumentare le nostre relazioni internazionali e gli Stati Uniti sono un grande partner che comprende che la nostra indipendenza deve passare da uno stato De Facto ed uno De Jure, dando così dignità al popolo del Somaliland. Mogadiscio vuole soltanto opprimerci e noi non permetteremo ad uno stato fallito di occupare la nostra terra. Lavoriamo da tempo anche con Israele che ci ha fornito la sua grande competenza in ambito agricolo per far crescere la nostra economia. La guerra in Medioriente ha avuto conseguenze anche nel Corno d’Africa e nel Mar Rosso dove i criminali Huthi terrorizzano tutta la regione. Il Somaliland appoggia le missioni contro i terroristi che occupano lo Yemen ed è disposto ad incontrare ed ascoltare tutti i mediatori in cambio del nostro giusto e doveroso riconoscimento internazionale. Noi siamo musulmani e la fede è un pilastro della nostra cultura, ma non vogliamo limitare i nostri rapporti lavorando con tutti».