Come da copione. Ieri al Parlamento europeo, ancora una volta, popolari, conservatori, patrioti e persino parte dei liberali si sono messi d’accordo e hanno smantellato un altro pezzettino di Green deal. Questa volta si è votata la semplificazione e il rinvio di un ulteriore anno - al 30 dicembre 2026 - dell’attuazione del regolamento contro la deforestazione importata per tutti gli operatori. Le micro e piccole imprese avranno un ulteriore cuscinetto fino al 30 giugno 2027. Il Parlamento Ue l’ha sostenuta con 405 voti a favore; 242 contrari e otto astenuti.
L’intesa raggiunta a inizio dicembre introduce una clausola di revisione che imporrà alla Commissione di preparare, entro il 30 aprile 2026, una valutazione ed eventualmente una proposta legislativa per apportare ulteriori semplificazioni ancora prima che il regolamento sia attuato. Tradotto: non finisce qui, questo è solo l’inizio.
Nello specifico la semplificazione consiste nella limitazione dell’obbligo di presentare una dichiarazione di due diligence solo per gli operatori che immettono per la prima volta il prodotto sul mercato. Gli operatori a valle dovranno solo conservare e trasmettere il numero di riferimento della dichiarazione originale, mentre i micro e piccoli operatori primari presenteranno una dichiarazione semplificata. Dal campo di applicazione del regolamento sono esclusi alcuni prodotti stampati come libri, giornali, immagini stampate. «Il voto positivo di oggi sull’accordo raggiunto in trilogo sulla deforestazione conferma con ancora più forza la linea espressa dalla maggioranza di centrodestra, contro ideologie e ambizioni prive di solide basi. Una posizione che continua a incidere in modo razionale e concreto su molti dei voti più rilevanti del Parlamento europeo. E ribadisce il nostro sostegno alle filiere del legno, dell’agricoltura, dell’allevamento e dei loro prodotti», dichiarano in una nota congiunta il capodelegazione di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, il copresidente del Gruppo Ecr Nicola Procaccini e Pietro Fiocchi, eurodeputato di Fratelli d’Italia-Ecr e vicepresidente della Commissione Envi. «In questa direzione, grazie agli emendamenti congiunti del Gruppo Ecr e Ppe durante la scorsa votazione», continuano, «l’intesa raggiunta introduce risultati concreti e fondamentali: il posticipo generale dell’applicazione del regolamento, l’inserimento di una clausola di revisione entro il 30 aprile 2026 per valutare l’impatto del testo sui piccoli operatori e, se necessario, un intervento con ulteriori semplificazioni, la limitazione dell’obbligo di due diligence al solo primo importatore del prodotto. Restituiamo ai cittadini un’Europa del buon senso, a fianco degli operatori economici e a sostegno una sostenibilità praticabile, capace di tutelare l’ambiente senza penalizzare le imprese».
Non un’alleanza formale, questa di centrodestra, ma un dialogo sui temi che, via via, voto dopo voto, sta di fatto cambiando il paradigma delle politiche europee degli ultimi anni volute e messe a terra specialmente dai socialisti con il Ppe che gli andava dietro contribuendo al declino dell’industria europea.
Oggi anche i popolari hanno capito che queste ricette non funzionano, facendo quindi il famoso «cordone sanitario» che isolava i gruppi della destra europea come i patrioti e i sovranisti. Naturalmente tutto questo ha generato una vera e propria psicosi a sinistra: dai socialisti ai verdi, passando per The Left.
«Anche oggi il Ppe ha applicato la politica dei due forni, votando con l’estrema destra su temi importanti come quello sull’istituzione di un elenco di Paesi di origine sicuri a livello dell’Unione europea, demolendo il diritto d’asilo, e degli screening a tutela dell’ambiente per contrastare la deforestazione»: così si agita l’europarlamentare dem appena sconfitto nella corsa alla guida della Regione Marche, Matteo Ricci. Che attacca: «Un governo europeo con questo Ppe non può continuare così. L’inizio del nuovo anno dovrà essere un momento di verifica degli accordi europei. La presidente, Ursula von Der Leyen, si faccia sentire se c’è, non si possono cambiare le alleanze una volta ogni tre voti schierandosi con l’estrema destra. Il mandato della presidente è legato a un programma europeista, non sovranista. Per cui questo programma va rispettato».
Per Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde, «è eticamente inaccettabile che lei (Giorgia Meloni, ndr) festeggi per lo stop alla legge europea contro la deforestazione. Che futuro consegniamo ai nostri figli se favoriamo la distruzione delle foreste dall’Indonesia passando per l’Africa arrivando in Amazzonia».
Intanto, però, gioisce FederlegnoArredo: «Il nuovo testo recepisce i punti essenziali che abbiamo sostenuto e portato avanti con coerenza e impegno, per garantire la piena tutela degli obiettivi ambientali senza compromettere la competitività delle nostre imprese», ha commentato il presidente Claudio Feltrin.
Il testo passa ora al Consiglio per l’ultimo passaggio necessario. La pubblicazione in Gazzetta ufficiale è prevista entro la fine dell’anno.
Non c’è miglior sponsor per il Sì al referendum sulla riforma della Giustizia dell’attività dei pm. Che ogni giorno vengono bacchettati dai giudici della Cassazione per la loro tendenza a debordare e a non rispettare i diritti degli indagati e delle loro difese. Ieri è arrivata la bocciatura alla pervicace insistenza (in diritto) della Procura di Palermo che voleva mandare in ceppi il vicepremier Matteo Salvini. Ma nelle stesse ore gli ermellini hanno spedito dietro la lavagna anche i pm della Procura di Genova, considerata un fortino delle toghe progressiste.
L’inchiesta è conosciuta a livello mediatico come Traghettopoli e ruota intorno ai biglietti regalati dalle compagnie Moby, Tirrenia e Cin a vip di vario genere. Per gli avvocati si tratta di banali regalie, magari punibili con semplici sanzioni amministrative e procedimenti disciplinari per i pubblici ufficiali. Per la Procura ci troveremmo di fronte a deprecabili casi di corruzione. Al centro dello scontro una questione giuridica: il sequestro del materiale informatico contenente messaggi di posta privati in assenza di una notizia di reato. O, meglio, secondo le difese, è stato prima disposto il sequestro e poi è stato cercato il reato. A ritroso.
In un procedimento che era iniziato per tutt’altre ipotesi: alcune navi dell’armatore Vincenzo Onorato non avrebbero rispettato i requisiti previsti dalla normativa internazionale in materia ambientale. Ma anche in questo caso l’ipotesi iniziale di frode in pubbliche forniture è definitivamente caduta. E, così, la Corte di Cassazione, che già in procedimenti passati di paletti ne aveva fissati parecchi, annullando l’ordinanza «senza rinvio», ha fatto saltare definitivamente il sequestro informatico disposto dalla Procura di Genova, imponendo l’«immediata restituzione del materiale in sequestro» alle compagnie. Compresa la copia forense. È qui entra in gioco la questione decisiva della proporzione. Non si può trovare un regalo (in questo caso un elenco di biglietti gratuiti), etichettarlo, senza prove, come mazzetta e cercare, successivamente, la dimostrazione del proprio assunto, rovistando in cellulari e caselle di posta. Perché quando si sequestra della corrispondenza privata bisogna indicare con precisione che cosa si stia cercando. Bisogna circoscrivere. Non solo usando le parole chiave. È necessario delimitare anche un preciso arco temporale per la caccia. Ma per farlo bisogna avere una pista solida, una notizia di reato con un corrotto e un corruttore. E magari occorre conoscere l’atto contrario ai doveri d’ufficio che ha determinato il regalo. Altrimenti si sta solo rovistando.
Era accaduto di recente a Brescia, con i sequestri all’ex procuratore aggiunto Mario Venditti. A Genova, però, l’annullamento della Cassazione viene considerato un colpo secco al cuore dell’indagine, perché riguardava il materiale prelevato dalle caselle di posta elettronica di 14 dirigenti del Gruppo Moby. File che, secondo gli investigatori, avrebbero contenuto le tracce di oltre 34.000 viaggi omaggio sui traghetti di Vincenzo Onorato. Tra chi ha viaggiato almeno una volta senza pagare sui traghetti del gruppo Onorato ci sono anche un paio di giudici, l’ex presidente di Regione Sardegna Christian Solinas, l’ex numero uno dei porti di Genova e Savona Paolo Signorini, il fondatore del Movimento 5 stelle Beppe Grillo. Per le difese (il ricorso era stato presentato dagli avvocati Pasquale Pantano, Oreste Dominioni, Angelo Paone, Nicola Zanobini e Luca della Casa) è una vittoria piena. Il nodo dei dati era emerso già ai primi di dicembre, quando a Genova, si erano confrontati con il pm Walter Cotugno sull’utilizzabilità di quel materiale gli avvocati degli oltre 120 indagati. Un elenco lungo e trasversale: ufficiali della Guardia costiera, direttori marittimi, manager del gruppo armatoriale, funzionari pubblici, politici, magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine.
La decisione della Cassazione ora ridisegna i confini dell’inchiesta, già divisa in due tronconi. Da una parte quello per l’ipotesi di corruzione che coinvolge i pubblici ufficiali che, secondo il pm, avrebbero beneficiato degli omaggi in cambio di favori per gli armatori, addolcendo i controlli e le ispezioni sulle navi. Secondo gli inquirenti esisteva un vademecum sul trattamento «Vip»: dai direttori marittimi e comandanti del porto fino agli addetti di Capitaneria (ai quali sarebbe stato destinato uno sconto del 30%). L’altro filone, quello che ha, come detto, dato il via all’indagine, con le ipotesi di falso e frode (caduta), riguardava i motori di tre traghetti (sequestrati e poi dissequestrati dal Riesame). Ed è proprio mentre si indagava sulle forniture che è saltata fuori la storia dei viaggi in saldo. Nasce così il sequestro del materiale informatico, confermato dal Riesame. Gli avvocati si sono opposti e hanno presentato ricorso in Cassazione. Ma il pm ha deciso di andare avanti. E ha fissato per lo scorso 3 dicembre un accertamento tecnico irripetibile per estrarre le mail di suo interesse (attraverso una procedura regolamentata dall’articolo 360 del codice). In attesa della decisione del Palazzaccio i legali hanno preso tempo chiedendo che la ricerca nei dispositivi elettronici fosse effettuata davanti a un giudice terzo, con tutte le garanzie dell’incidente probatorio che è un vero e proprio istituto giuridico, in cui il gip nomina un proprio perito. Un passaggio che, in gran parte, adesso, non sarà più necessario svolgere. Con buona pace della Procura.
Mai smettere di sognare. Sorrentino tra i pali. Yepes, Maran, D’Angelo, D’Anna in difesa. Corini, Perrotta, Eriberto (o se preferite Luciano) e Franceschini a centrocampo. Pellissier e Cossato in attacco. Alzi la mano il tifoso che non ha mai giocato a «la migliore formazione di sempre». Questa l’ha immaginata direttamente Luigi Campedelli, patron del Chievo Verona, dalle stalle alle stelle e poi di nuovo alle stalle. Attualmente è ancora sotto processo e ha perso il club che gli aveva lasciato suo padre. Ha tentato il suicidio, poi si è rialzato. E ora racconta in un libro l’incredibile cavalcata di una squadra di quartiere, fino al crollo per i debiti con il Fisco nel 2020. Si proclama vittima del sistema calcio. Un sistema che prima ha cavalcato la ventata di aria fresca rappresentata da quella squadra di underdog totali, con allenatori visionari come Gigi Delneri, Alberto Malesani e Rolando Maran, e che poi, al primo rovescio, ha calato la scure del fairplay finanziario su un club che non aveva le coperture politiche di una Lazio, capace di ottenere dal governo Berlusconi-Fini il decreto spalma-debiti, con i tifosi biancazzurri che assediarono gli uffici dell’Agenzia delle entrate all’Eur.
Il Chievo era una di quelle storie che sembrano possibili solo nel calcio inglese. Una storia finalmente pulita, in uno sport distrutto dai procuratori e dove a fine stagione, specie nelle serie minori, si assiste a partite assurde, arbitraggi discutibili, squadre che salgono e scendono di categoria senza una logica apparente. Il tutto tra un fiume di nero e di milioni senza un padre certo. Ma la passione è tanta e quando sembra di vedere un calcio antico diventa ancora più forte. Il Chievo è piaciuto subito a tutti. Merito della famiglia Paluani, quella dei pandori, e di Luca Campedelli, che ha scelto di raccontarsi in un libro scritto da Fabiana Della Valle e Raffaele Tomelleri (Chievo, un delitto perfetto, People). Diciamolo subito: non ha la forza di un Giuseppe Gazzoni Frascara, il patron del Bologna morto nel 2020 e che ha subito varie ingiustizie, ma il racconto di Campedelli è comunque interessante e ricco di aneddoti, uniti da un filo rosso che non è una risposta ma una domanda. Una domanda che quasi ossessiona l’ex presidente: perché chi conta nel calcio italiano non ha fatto nulla per salvare il Chievo? Gli si potrebbe rispondere, un po’ meschinamente, che là fuori, fuori dal pallone, chi non paga le tasse e i contributi, finisce a gambe all’aria. E non vale nascondersi dietro ai tifosi-elettori. Ma la difesa di Campedelli è duplice: da un lato si va in apnea finanziaria quando scendi di categoria (magari ingiustamente, all’ultima giornata), dall’altro «così fan tutti» e i clivensi hanno pagato caro più di tanti altri.
Scorrendo le pagine di Chievo, un delitto perfetto, si rivive lo shock della morte per infarto di Gigi Campedelli, il carismatico padrone della Paluani e di quel Chievo che per i cugini ricchi dell’Hellas era già tanto che frequentasse la serie D. Alla sua morte, a settembre del 1992, il figlio Luca prende le redini della squadra e l’altro figlio resta in azienda. Sotto la guida di Luca, il Chievo diventa l’unico club che partendo dai campionati regionali arriva in Europa. Campedelli junior accetta di farsi guidare da Giovani Sartori, ex calciatore clivense, come direttore sportivo e insieme indovinano la scelta del primo allenatore, Alberto Malesani, scalando le serie fino alla B. Nella stagione 2000-2001, il Chievo passa sotto la guida di un grandissimo allenatore, Luigi Del Neri, che centra la promozione in A e dà inizio alla favola di cui scriveranno rapiti i giornali del mondo. La ricetta del Chievo è semplice, ma in qualche modo eversiva: fame sportiva, preparazione atletica eccellente, fantasia nella tattica, mercato equilibrato e furbo, valori umani in campo e nella società. Va subito in coppa Uefa e nel 2006 fa i preliminari di Champions. Tutta Europa parla di questo quartiere che è arrivato al top.
Nell’agosto 2021 il Chievo viene escluso dai campionati professionistici per inadempienze tributarie. Nel libro, Campanelli dà la colpa alle norme Covid del 2020, «che ci hanno ammazzato» e lamenta una evidente discriminazione della giustizia sportiva, rispetto a club più blasonati che secondo lui ne avevano fatte di tutti i colori. A cominciare dalla Lazio.
Nel luglio scorso, viene condannato a due anni di carcere per le plusvalenze fittizie realizzate scambiandosi giocatori con il Cesena, nell’ambito del processo per il fallimento del club romagnolo. Ci sarà ovviamente un processo d’appello. Nello scorso febbraio, invece, la Procura di Verona ha chiesto per lui il rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta del Chievo. Secondo i pm, dietro quel miracolo calcistico si sarebbe nascosto «un meccanismo fraudolento per mezzo del quale l’amministratore avrebbe sistematicamente rappresentato una situazione economica di apparente benessere del Chievo Verona, tale da dissimulare il dissesto».
Ma è andata davvero così? Campedelli ribatte che il Chievo fu messo «fuori legge» per decreto «in soli sette giorni». E in così poco tempo, nessuno lo ha aiutato finanziariamente per mettersi in regola. L’ex presidente ammette però che avrebbe dovuto saldare immediatamente la cartella esattoriale per le plusvalenze del Cesena, invece di farla marcire. Poi, nel novembre del 2021, tenta il suicidio con il gas, ma viene salvato dalla compagna Maddalena.
Chi è stato vicino a Campedelli nel mondo del pallone? Lui parla con stima e amicizia di Massimo Moratti (è anche interista) e dell’ex patron del Genoa, Enrico Preziosi. E degli altri ex colleghi salva giusto Maurizio Zamparini «con cui ho avuto sempre un buon rapporto». Di Moratti e Preziosi, diversissimi tra loro, Campedelli dice che lo hanno aiutato. Di Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, invece ricorda che «poteva fare qualcosa e non ha fatto nulla». E il presidente della Lazio, Claudio Lotito? Campedelli si rammarica ancora: «Lo pensavo amico, ma evidentemente abbiamo un’idea diversa dell’amicizia». E già, l’amicizia nel calcio. Roba da mussi che volano.
Il 2025 conferma i semiconduttori come epicentro dei mercati: il Phlx Semiconductor, l’indice che comprende le 30 maggiori società quotate negli Stati Uniti coinvolte principalmente nella progettazione, distribuzione, produzione e vendita di semiconduttori, è a circa +30% da inizio anno e l’Ia ha spinto diversi titoli su massimi storici, con Nvidia e Tsmc sotto i riflettori. La domanda non è, insomma, se l’Ia sia un megatrend, ma se il prezzo stia già incorporando uno scenario perfetto, la temuta bolla.
Sul lungo periodo, però, il settore ha consegnato più valore di qualsiasi narrativa: il tasso di crescita annuo composto è stato del 33,7% negli ultimi dieci anni, contro il +13,9% dell’S&P 500. Il motivo è industriale: i chip sono il «cuore pulsante dell’economia digitale» e la nuova domanda nasce dall’elaborazione. Come spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf, «la domanda non è ciclica né correlata alle condizioni economiche, ma è in continua espansione in tutti i settori man mano che le aziende sviluppano capacità di intelligenza artificiale competitive».
L’entusiasmo per l’Ia, inoltre, è legato a vincoli fisici. Per alimentare una futura super intelligenza artificiale, alcune stime parlano di un’infrastruttura con consumo globale attorno a 400 gigawatt, paragonabile all’intera capacità elettrica degli Usa. «Tutti i principali colossi tech globali - da Meta ad Amazon, da Microsoft ad Alphabet - stanno integrando l’Ia nei rispettivi modelli di business e, nel farlo, condividono tutti un elemento chiave: la necessità di disporre di semiconduttori avanzati per l’addestramento dei modelli e per le applicazioni di inferenza», dice Anthony Ginsberg, ceo di GinsGlobal Index Funds e partner storico di Hanetf. «In questo scenario, il controllo della tecnologia hardware diventa un fattore strategico tanto quanto lo sviluppo del software». Qui riemerge la ciclicità. L’effetto frusta amplifica piccoli aumenti della domanda in ordini enormi a monte, seguiti da scorte e caduta dei prezzi; i cicli di capacità, invece, derivano dal fatto che una fabbrica di semiconduttori richiede anni e miliardi e può entrare in funzione quando il picco è già passato. «Investire nei semiconduttori non è semplice», avverte Gaziano. «La vera sfida è individuare i vincitori che possano trasformare queste tendenze in rendimenti duraturi». Il mercato, però, punisce subito : Broadcom ha perso circa il 10% in una seduta dopo aver citato «una pressione sul margine lordo a breve termine dovuta a un mix più ampio di ricavi dall’Ia», riaccendendo il timore di «eccesso di entusiasmo» .
Il rischio bolla può arrivare anche dal debito: Oracle e CoreWeave stanno ricorrendo a prestiti ingenti; Oracle ha indicato 18 miliardi di dollari a settembre. Luke Yang (Morningstar) avverte un «rischio molto elevato se la domanda di intelligenza artificiale non si concretizzerà come ci si aspetta ora». Conclusione: la partita si gioca su Roe (l’indice che misura la redditività aziendale) barriere tecnologiche e disciplina del capitale, non sui titoli di moda ora.







