Nicola Procaccini (Imagoeconomica)
Il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini: «Fanno impressione i Popolari che si sono spaccati sul tema».
L’eurodeputato di Fdi: il veto di Tajani non riguarda la Lega, gran parte del Ppe sta con Ecr e Id. Le maggioranze sono fluide.
Le elezioni spagnole, il loro significato contingente ma anche una lettura di esse in prospettiva europea, andando oltre i commenti a caldo. E ovviamente la «madre di tutte le elezioni», e cioè le Europee del giugno del prossimo anno, per la posta in gioco che questa volta comporteranno, a partire dalla necessità di porre un argine alla radicalizzazione del green deal e alla svolta massimalista rossoverde impressa da Frans Timmermans, in ritirata verso Amsterdam.
Ne abbiamo parlato con Nicola Procaccini, eurodeputato di FdI, copresidente del gruppo Ecr, su cui molto sta investendo politicamente il premier Giorgia Meloni, nella tela di alleanze che sta tessendo per la prossima eurolegislatura. Procaccini non si è sottratto nemmeno alle domande sulla delicata questione del rapporto con alcune forze del gruppo Id (di cui fa parte la Lega) su cui il segretario di Fi Antonio Tajani ha posto un veto parlando di incompatibilità coi valori del Ppe.
Onorevole, partiamo dalle elezioni spagnole. Dunque, Vox è andato male?
«Speravamo ovviamente in un governo di centrodestra anche in Spagna, ma purtroppo questo non è avvenuto per sei/sette deputati. Si parte quindi da una certa delusione proprio per questo, per non poter - per ora - annoverare un governo di centrodestra anche in Spagna, ma credo che comunque non ci sarà una maggioranza alternativa, stando ai numeri, e questo porta a un problema complesso».
Ma secondo lei c’è stato qualche errore nella campagna elettorale di Vox, e se sì, quale?
«No, bisogna dire una cosa: sapevamo già dai sondaggi che Vox sarebbe potuto scendere in termini di consensi. Speravamo non accadesse ma non era questo il nostro principale interesse. A noi interessava che Vox potesse affermarsi come forza di governo credibile, e questo è esattamente quello che è accaduto, anche in virtù dei risultati ottenuti alle elezioni regionali e comunali. La capacità di affermarsi come forza credibile ormai è incontestabile».
Mi scusi, perché sapevate che Vox sarebbe potuto calare?
«Lo abbiamo messo in preventivo perché il Partito popolare, in questi ultimi tempi, è andato spostandosi sempre più a destra e, per la teoria dei vasi comunicanti, gli ha tolto qualcosa. Non si può negare che talvolta pescano nella stessa acqua. Questa però, a nostro avviso, è una situazione contingente che non ci preoccupa, perché il riconoscimento c’è stato. In Spagna, come in Europa, spero che accada prima o poi quello che è accaduto in Italia, e cioè che anime diverse del centrodestra siano capaci di stare insieme e impedire alla sinistra di imporre la propria agenda. Auspico un coordinamento di tutte queste forze».
Ecco, passiamo alla ormai vexata quaestio europea: tra meno di un anno ci saranno le elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento. A detta di tutti gli osservatori, le più importanti della storia, per tutta una serie di motivi e soprattutto per la concreta possibilità di interrompere il dominio di Popolari e Socialisti. Come la vede?
«Non è un mistero quello che pensiamo e quello che vogliamo: speriamo che i partiti che hanno agende politiche simili abbiano successo alle prossime elezioni europee per cambiare le cose all’interno della Commissione europea, come nei fatti sono già cambiate. Intanto registro che ultimamente le cose sono già cambiate: il centrodestra continua a crescere in tutta Europa e con esso cresce l’agenda conservatrice a Bruxelles».
E con Tajani e il veto su Id come la mettiamo?
«Tajani continua a sostenere che il problema non sia la Lega, ma alcune forze all’interno di Id in Europa. Il suo punto di vista è comprensibile, ma è anche vero che, senza aspettare un anno, già oggi, nel merito di molte questioni, il Ppe sta votando insieme a Id, Ecr e buona parte dei liberali nell’Europarlamento, ad esempio sulla protezione dei confini e sulla transizione green».
Mi spieghi
«Ormai risulta evidente che in Europa non esistono delle maggioranze o delle minoranze strutturali come nei governi nazionali. Di volta in volta si formano maggioranze differenti. Tanto per ricordare: Ursula von der Leyen ha vinto per una manciata di voti, coi voti anche dle Pis polacco e di Orban, oltre che del Pse e del Ppe. Poi i socialisti e i Verdi, sul green deal, hanno fatto diversamente. Io sarei quindi meno tranchant di Tajani perché lui per primo sa che le maggioranze sono meno strutturali. È per questo che il mio augurio è che dalle prossime elezioni europee si sposti più verso destra il punto di equilibrio del Parlamento».
D’altra parte, mi pare che l’occasione sia ghiotta, con la sinistra in difficoltà (vedi Timmermans che torna in Olanda) e il Ppe che va a destra…
«In un certo senso Timmermans è scappato… si è talmente estremizzata la transizione ecologica, la si è fatta diventare così radicale, che ha perso pezzi nel corso della legislatura. La legge sul cosiddetto ripristino della natura è passata per il rotto della cuffia, ma ormai le opinioni pubbliche nazionali sono ormai lontane da questa impostazione, e di riflesso anche i parlamentari europei. Qualunque partito sostiene questo tipo di impostazione viene ormai maciullato nel voto nazionale. Ora, tornando a Timmermans, sono molto curioso di sapere come finirà in Olanda, dove c’è un partito che si chiama partito degli agricoltori, che è arrivato a livelli di consenso molto importanti. Se dovessi scommettere un euro lo farei sul partito degli agricoltori…».